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"Il Paese recuperi il dialogo e serve una guida politica"

Il cardinale cita Mattarella e invita "a stemperare i toni". E aggiunge: "Populismi dramma dell'Europa"

"Il Paese recuperi il dialogo e serve una guida politica"

Roma - L'Italia «è sempre riuscita a superare» i momenti difficili e la «speranza è che si possa ritrovare un percorso comune che deve necessariamente passare da uno stemperamento e dal recupero del dialogo» tra le forze politiche in campo. Ad analizzare la situazione di incertezza che sta attraversando l'Italia e a commentare il risultato elettorale del 4 marzo è il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio per la Cultura, a lungo prefetto della Biblioteca ambrosiana a Milano, fine teologo e uomo di chiesa che ha dedicato alla cultura tutta la sua vita.

Eminenza, i risultati elettorali hanno spaccato il Paese in due: il Movimento Cinque Stelle ha predominato al Sud e la Lega al Nord. Come valuta questo momento di incertezza e di instabilità per l'Italia?

«Tutti i momenti di incertezza sono sempre problematici e lasciano certamente delle tracce nell'interno della società e nel suo insieme. Dall'altra parte bisogna sottolineare che non è la prima volta che la tradizione italiana si trova ad attraversare situazioni difficili, con il risultato che è sempre riuscita a risolverle».

Quale il suo auspicio?

«La speranza è che si possa ritrovare ancora un percorso comune perché tutta la società italiana possa avere una sua guida, una guida politica, una guida di riferimento. Certamente, per ottenere questo è necessario passare attraverso uno stemperamento, proprio come indicato dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella. L'invito è a recuperare la strada del dialogo e dialogo significa avere anche due visioni e posizioni diverse che tuttavia riescano ad ascoltarsi e a raggiungere una base comune».

Ciò che è emerso dai risultati elettorali è comunque l'avanzare del populismo e della Lega. Il Vaticano è preoccupato?

«Il problema delle forme di populismo che attraversa quasi tutta l'Europa è certamente un fenomeno sociale molto complesso e per molti aspetti veramente drammatico, perché rappresenta soprattutto il rigetto. C'è da prenderne atto e dimostra anche la realtà della paura che hanno alcuni. Una paura che però non deve essere cavalcata ma eventualmente governata e per molti aspetti superata».

Si riferisce al tema tanto caro al Papa dell'accoglienza dei migranti?

«Non bisogna cedere alla paura. La visione cristiana è quella dell'incontro tra i popoli, cercando il più possibile di far prevalere l'incrocio tra le culture, i popoli e le diversità nell'interno della storia. Le grandi migrazioni, a partire dalla Bibbia stessa scritta dai migranti, perché il punto di partenza è quello delle migrazioni dall'Egitto verso la Terra Promessa è una realtà costante nell'umanità e va vissuto come un fenomeno possibile e non come un fatto assolutamente negativo da cancellare. Siamo di fronte a un fenomeno che appartiene e apparterrà sempre alla storia. Chi non lo vuole riconoscere sta negando la storia».

Il suo dicastero, e lei in prima persona, è fortemente impegnato nel dialogo tra cultura e integrazione. Quale il rapporto?

«La cultura è sempre più un grande linguaggio universale, non solo tra i popoli, ma perfino tra generazioni. La cultura di sua natura rappresenta grandi valori, come quelli della realizzazione piena di se stessi, del proprio corpo, delle capacità, della ricerca con tutte le energie del corpo umano.

Un dialogo che mette in correlazione anche l'integrazione e il dialogo interculturale. La Santa Sede è una istituzione universale, non legata solamente a un perimetro etnico, spaziale, culturale, sociale. Ed è importante far sì che convergano tante nazionalità differenti sotto l'unica appartenenza, per ritrovarsi insieme nella fraternità e nel dialogo.

Questo è il nostro messaggio».

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