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Il Pakistan avverte Modi: "Per il Kashmir libero siamo pronti alla guerra"

Dopo lo status revocato, Islamabad prepara l'esercito: «Conseguenze inimmaginabili»

Il Pakistan avverte Modi: "Per il Kashmir libero siamo pronti alla guerra"

«Conseguenze inimmaginabili». L'avvertimento che sa di minaccia del premier pakistano Imran Khan durante una seduta d'emergenza del parlamento a Islamabad lascia ben intendere il livello di tensione nella regione. La scelta dell'India di togliere lo status speciale al Kashmir ha aperto una ferita mai completamente rimarginata e la regione himalayana contesa, invenzione artificiale degli inglesi, potrebbe essere il pretesto per una pericolosissima escalation tra l'India e il Pakistan, entrambi con la bomba atomica.

Resta alta la tensione all'indomani della decisione a sorpresa dell'India di revocare lo status speciale alla regione, a maggioranza musulmana e attraversata da tensioni separatiste, contesa da decenni tra New Delhi e Islamabad. C'è un assetto di guerra. Restano bloccate le telecomunicazioni, Internet è oscurato e le sono presidiate dai militari mentre in Pakistan i parlamentari sono stati convocati in una riunione congiunta per discutere di una possibile risposta all'iniziativa promossa dal governo del premier ultra-nazionalista indù, Narendra Modi. Alcune centinaia di persone sono scese in strada a Muzaffarabad, la principale città del Kashmir pakistano, per protestare contro un'iniziativa che va a minare un equilibrio fragilissimo; altre manifestazioni sono state indette a Lahore, Karachi e nella capitale Islamabad. E da Rawalpindi, dove si sono riunite le gerarchie militari, il capo di Stato maggiore dell'esercito pakistano, il generale Qamar Javad Bajwa, ha assicurato che le forze armate sono pronte «a qualsiasi cosa per adempiere ai propri obblighi» nei confronti della «giusta causa» del popolo del Kashmir. Il premier Imran Khan, intervenuto in Parlamento, ha messo in guardia: «si può scatenare una violenza nella regione che potrebbe portare ad un conflitto» tra le due potenze nucleari, ha sottolineato il capo dell'esecutivo pakistano, che ha chiesto alla comunità internazionale di agire rapidamente per evitare una «catastrofe». Da qui, la decisione di Islamabad di affrontare il tema in tutti i consessi globali, a cominciare dal Consiglio di sicurezza Onu, così come di fare istanza presso la Corte penale internazionale. Come ha denunciato Khan, la decisione indiana di revocare lo status speciale al Kashmir rientra nei piani di Modi per promuovere «un'ideologia razzista, che mette gli indù al di sopra di tutte le altre religioni» e ora il timore è che New Delhi dia il via a una «pulizia etnica per spazzare via la popolazione locale». «Hanno preso le nostre aperture per la pace come debolezza, quindi abbiamo cessato di continuare a offrire colloqui», ha dichiarato il premier. Intanto, in India un avvocato, Sharma, ha presentato una petizione alla Corte Suprema per chiedere una valutazione sulla validità del decreto con cui lunedì il governo di Modi ha abrogato l'articolo 370 della Costituzione. In India diversi costituzionalisti e legali hanno espresso dubbi sulla procedura usata dal governo, perchè secondo la Costituzione un tale provvedimento deve avere l'approvazione dell'assemblea legislativa del Kashmir. Il problema è che al momento lo Stato del Jammu e Kashmir - la parte della regione himalayana controllata da New Delhi - non ha governo e nell'ultimo anno è stato sotto l'amministrazione del presidente. Ieri la Camera bassa del Parlamento indiano (Lok Sabha) ha approvato la risoluzione per revocare lo status. Il momento sembrava perfetto per non approfittarne. Per ora, come una partita a scacchi tesissima, ogni mossa una reazione.

E sembra solo l'inizio.

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