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Palazzo Chigi si trasforma nel Minculpop dei grillini

Il M5s occupa tutte le poltrone che controllano l'informazione. Spadafora vigilerà sul dossier Rai

Palazzo Chigi si trasforma nel Minculpop dei grillini

Giurano i 45 sottosegretari e viceministri grillo-leghisti, che sfilano sotto lo sguardo affettuoso del premier Conte, e il governo si può finalmente dire al completo. Anche un tantino affollato, più dei precedenti, e soprattutto dalle parti di Palazzo Chigi: sono ben dodici i sottosegretari destinati a vario titolo alla presidenza del Consiglio (incluso Giorgetti e la commissaria al Terremoto De Micheli, ereditata dal precedente esecutivo). Molti, il doppio che nel gabinetto Gentiloni ad esempio: una sorta di presidio giallo-verde disposto a tutela del presidente del Consiglio.

Balza agli occhi la scelta del partito Casaleggio di puntare su tutto informazione e telecomunicazioni, creando una sorta di piccolo, blindatissimo Minculpop della propaganda grillina dentro il governo: Di Maio tiene per sé la delega alle Comunicazioni, mentre quella all'Editoria va al fido Vito Crimi (che non si è avuto cuore di mettere ai Servizi, per ora se li tiene Conte). E il braccio destro dimaioista Vincenzo Spadafora, che non avrà tantissimo da fare alle Pari Opportunità e sarà stanziale anche lui a Palazzo Chigi, butterà un occhio vigile sulle partite che interessano ai Cinque Stelle: nomine Rai, eccetera. Crimi, appena investito, già annuncia che vuol subito «puntare» sulla «eliminazione dei finanziamenti pubblici ai giornali», e chissà come ci resterà quando gli spiegheranno che, salvo rarissimi casi di nicchia, non esistono più da tempo.

L'altro vice-premier, ossia Matteo Salvini, punta invece sulla blindatura del proprio ministero, considerato evidentemente l'avamposto da cui imporre la linea al governo. Così, si è scelto due pezzi da novanta della Lega come sottosegretari, Molteni e Candiani, mentre per i grillini ci saranno l'innocuo Sibilia, che in genere si occupa di scie chimiche e allunaggi, e l'anatomopatologo Gaetti.

Equa spartizione al Mef, dove a fianco di Tria sono stati messi i grillini Villarosa e Castelli (che del resto ha «tenuto la contabilità del gruppo consiliare del Piemonte» e «si è occupata di moneta complementare») e i leghisti Garavaglia e Bitonci, ex sindaco di Padova noto per l'indomita lotta ai kebabari, rei di esercitare «attività commerciali non compatibili col nostro patrimonio culturale».

Al Lavoro, Di Maio ha voluto accanto il grillino Cominardi, che teorizza la triangolazione Bilderberg-Cia-Dc dietro la strage di Piazza della Loggia. Mentre Salvini ha messo ben due uomini forti della sua squadra a vigilare sul fioco Toninelli e a garantire che alle Infrastrutture ci si occupi di infrastrutture: il ligure Rixi, grande sponsor del Terzo Valico (su cui il ministro grillino ha espresso dubbi), e il responsabile economico della Lega Siri.

Ripescati in corner alcuni fanta-ministri della lista Di Maio, come Lorenzo Fioramonti da Pretoria, che però da ministro dello Sviluppo Economico è stato retrocesso a sottosegretario all'Istruzione.

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