Politica

Il Papa chiede di battersi contro l'islam estremista «È una cultura di morte»

Il Pontefice invita i leader musulmani a schierarsi per contrastare le violenze: «Cristiani perseguitati in Siria e Irak»

«Auspico che i leader religiosi, politici e intellettuali specialmente musulmani, condannino qualsiasi interpretazione fondamentalista ed estremista della religione».

Con un intervento dai forti toni di condanna del «terrorismo fondamentalista», parlando alle rappresentanze del Corpo Diplomatico riunite nel Palazzo Apostolico Vaticano, ieri papa Francesco è sceso decisamente in campo contro il fanatismo religioso.

Quella in atto contro i cristiani e altri gruppi etnici e religiosi in Siria e in Iraq è «un'ingiusta aggressione» di fronte alla quale «l'intera comunità internazionale» e i «singoli governi interessati» devono assumere «iniziative concrete per la pace e in difesa di quanti soffrono le conseguenze della guerra e della persecuzione e sono costretti a lasciare le proprie case e la loro patria». Parole chiare e ferme, quelle del Papa, che contengono un'implicita risposta a quanti ritengono troppo blandi i suoi pronunciamenti sull'Islam. Non è così. Dall'Ucraina alla Libia, dal Corno d'Africa al Sudan, dal Pakistan alla Nigeria «dove non cessano le violenze che colpiscono indiscriminatamente la popolazione», Bergoglio ha manifestato «l'apprensione» con cui guarda ai tanti focolai di «guerra mondiale che si combatte a pezzi». Agli ambasciatori ricevuti in udienza per gli auguri d'inizio anno ha citato il vangelo di Luca e il ricordo vicino della natività, quando persino il Bambin Gesù è stato scartato e lasciato al freddo. «E se così è stato trattato il Figlio di Dio, quanto più lo sono tanti nostri fratelli e sorelle!». Testimonianza di questo atteggiamento è il re Erode, che fa uccidere tutti i bambini di Betlemme: «Il pensiero corre subito al Pakistan, dove un mese fa oltre cento bambini sono stati trucidati con inaudita ferocia», ha esclamato Bergoglio. Siamo abituati a «scartare gli altri», ma prima ancora un certo estremismo religioso «rifiuta Dio stesso relegandolo a un mero pretesto ideologico». È una cultura che produce «violenza e morte», come si è visto in «numerosi fatti della cronaca quotidiana, non ultima la tragica strage avvenuta a Parigi alcuni giorni fa».

Un lungo paragrafo del suo accorato discorso Francesco l'ha dedicato al Medio Oriente. Un territorio che è «attraversato da conflitti che si protraggono ormai da troppo tempo e i cui risvolti sono agghiaccianti, anche per il dilagare del terrorismo di matrice fondamentalista in Siria e in Iraq». Di fronte a «tale ingiusta aggressione», il Papa ha chiesto «una risposta unanime che, nel quadro del diritto internazionale, fermi il dilagare delle violenze, ristabilisca la concordia e risani le profonde ferite che il succedersi dei conflitti ha provocato».

Citando la lettera inviata prima di Natale con cui ha manifestato la sua vicinanza e assicurato la preghiera per le comunità cristiane locali, «che offrono una preziosa testimonianza di fede e di coraggio», ha detto che «un Medio Oriente senza cristiani, sarebbe un Medio Oriente sfigurato e mutilato».

La costruzione della pace dev'essere il primo obiettivo delle comunità e delle diplomazie internazionali. «Auspico che i leader religiosi, politici e intellettuali specialmente musulmani, condannino qualsiasi interpretazione fondamentalista ed estremista della religione, volta a giustificare tali atti di violenza», ha scandito. La strada è quella esemplificata dall'incontro in Vaticano con Peres e Abu Mazen, per arrivare a «una soluzione che permetta tanto al popolo palestinese che a quello israeliano di vivere finalmente in pace, entro confini chiaramente stabiliti e riconosciuti internazionalmente, così che la 'soluzione di due Stati' diventi effettiva».

Da oggi Bergoglio è impegnato nel viaggio nello Sri-Lanka e nelle Filippine.

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