Politica

Il Papa della tolleranza zero «Mai grazia ai preti pedofili»

Francesco durissimo: «Per noi sono una vergogna» E critica la dottrina Wojtyla: «Non basta spostarli»

Fabio Marchese Ragona

L'era dei panni sporchi lavati in casa è finito, la Chiesa ha affrontato in ritardo la piaga della pedofilia, chi ha commesso abusi non avrà mai la grazia. Papa Francesco non ha usato mezzi termini e nell'udienza concessa ieri ai membri della Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori, da lui istituita nel 2014, ha fatto l'ennesimo «mea culpa», puntando il dito, per la prima volta, contro le pratiche utilizzate nel passato, soprattutto sotto il pontificato di San Giovanni Paolo II, di spostare i preti accusati di pedofilia di parrocchia in parrocchia, di città in città. Basti ricordare anche il caso clamoroso del cardinale americano Bernard Law, a capo della diocesi di Boston, accusato di aver insabbiato i casi di pedofilia e che, anziché esser rimosso, dopo le dimissioni nel 2004, fu trasferito a Roma come arciprete della Basilica di Santa Maria Maggiore. «La Chiesa è arrivata tardi nell'avere coscienza della gravità del problema - ha ammesso il Papa - è arrivata tardi nell'assumersi le proprie responsabilità. È la realtà: siamo arrivati in ritardo. Forse l'antica pratica di spostare la gente, ha addormentato un po' le coscienze e quando la coscienza arriva tardi, anche i mezzi per risolvere il problema arrivano tardi». Un messaggio chiaro: è finito il tempo in cui ci si voltava dall'altro lato, è il momento di lasciar spazio a quella «tolleranza zero» tanto invocata da Benedetto XVI. Bergoglio, che già in passato aveva paragonato i preti pedofili ai satanisti che celebrano le messe nere, ha anche voluto chiarire che non intende aver «misericordia» con chi commette abusi, dando nuove istruzioni ai suoi collaboratori, annunciando, in pratica, una totale rottura rispetto al passato, anche nelle procedure. Il papa argentino è stato chiarissimo: «Chi viene condannato per abusi sessuali sui minori - ha affermato Bergoglio parlando a braccio - può rivolgersi al Papa per avere la grazia, ma io mai ho firmato una di queste e mai la firmerò. Spero che sia chiaro. Perché oggi lui si pente, va avanti, lo perdoniamo, ma dopo due anni ricade».

Un messaggio più che esplicito, una linea ancora più dura del Pontefice rispetto ai suoi primi anni di pontificato, dopo aver preso coscienza delle difficoltà, anche in Curia, di affrontare il problema della pedofilia. Eclatanti erano state, infatti, le dimissioni dalla commissione pontificia, nel marzo scorso, di Marie Collins, irlandese, vittima di abusi, che aveva puntato il dito contro alcuni organismi della Curia, denunciando la presenza di «costanti ostacoli e la vergognosa mancanza di cooperazione, in particolare del dicastero più direttamente coinvolto nell'affrontare i casi di abuso». E così, Francesco, sempre nel discorso tenuto ieri ai componenti dell'organismo per la tutela dei minori, ha voluto sottolineare che «la Commissione sta lavorando controcorrente per far salire il problema alla superficie e guardarlo in faccia», ribadendo che «questo lavoro riguarda tutta la Santa Sede, il problema di abusi dev'essere sotto la competenza della Congregazione per la Dottrina della Fede, anche se alcuni chiedono che vada direttamente al sistema giudiziale della Santa Sede, cioè alla Rota e alla Segnatura. Ma in questo momento il problema è grave, alcuni non hanno preso coscienza del problema, quindi è bene che resti alla Dottrina della fede, finché tutti nella Chiesa non prendano coscienza».

Un altro punto dolente affrontato da Bergoglio è stato poi quello del personale in servizio in Vaticano che si occupa della gestione di questi delicatissimi casi, ammettendo che in Curia spesso i procedimenti contro i preti pedofili rimangono bloccati: «Ci sono tanti casi che non avanzano, non vanno avanti questo è vero - ha detto il Pontefice argentino - Per questo si sta cercando di prendere più gente che lavori nella classificazione dei processi, persone che studiano i dossier».

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