Politica

La parabola di Di Maio L'ex astro nascente è già una stella cadente

I dimissionari erano vicini al vicepresidente della Camera che ora resta col cerino in mano

La parabola di Di Maio L'ex astro nascente è già una stella cadente

Non bastasse l'elemento umano non sempre di prima scelta, nell'affrontare le segrete del Movimento grillino occorre provvedere a un cambio di grammatica politica. E considerare il ruolo fondante che, in esso, assume la comunicazione. Persino più che in Renzi, visto che qui siamo in presenza di (almeno) tre «emittenti» anomale: un'agenzia di web-content ad alto livello; un attor comico di qualità; giovanotti tutto Facebook e tweet.

Così che non si può che ripartire dall'inizio, da quando alle 11 dell'altra sera Raineri comunica che se ne va e il sindaco Raggi, dopo una ridda di consulti telefonici e non, alle 4 del mattino viene indotta a «indirizzare» la comunicazione postando un messaggio su Fb. In soldoni: siamo noi che ti cacciamo. Commentava ieri un ex grillino spretato, Artini, che «un post alle 4 di notte è tipico della comunicazione Casaleggio Associati: quando c'è un problema bisogna parlare e offuscare il tutto con il flusso di notizie». Però questo flusso è andato avanti piuttosto a singulti disarticolati, e presto in tilt totale. Che cosa non ha funzionato? Chi ha interrotto la catena, e perché? Crollata l'architrave di un potere «indipendente» (Minenna e Raineri) che, come da suggerimenti, avrebbe dovuto dare corpo e sostanza alla giunta, ecco che Raggi viene lasciata da sola a gestire gli effetti di ciò che ha combinato, a riappropriarsi di un rapporto con la città che pare non sbocciare mai. Al punto che ieri la sindaca sosteneva di aver «fermato i poteri forti». Cioè le persone consigliate da Grillo, Casaleggio e sostenute da Di Maio, Ruocco e Taverna.

Che significa? Che la Raggi vuol fare di testa sua, denunciano ora tante voci addomesticate. «Ha preso in giro persino Grillo (sulla nomina di Marra, ndr), è capace di tutto». Possibile che la Raggi con il suo cerchio magico - Campo Hobbit, lo chiama qualcuno, per sottolinearne la provenienza destrorsa dei Marra, Romeo, Frongia - si stia smarcando da tutti? Lo sarebbe, se non fosse che i due uomini che avevano (hanno ancora?) davvero i gradi e l'ascendente per sovrintendere all'esperimento romano siano Di Maio e Di Battista. Quest'ultimo precocemente eclissatosi in virtù della sua brillante idea di tour per il «No» al referendum. Eppure Di Maio, raccontano, va sostenendo che «su Roma decide lui, io ho poca voce in capitolo». E in effetti l'aspirante premier, nelle ore bollenti della vicenda, risultava a Sassari, muto e incapace di azione fino a istruzioni ricevute (in serata). Isolato e non «coperto» da nessuno, tanto che c'è chi lo vuole ora «sotto processo».

Di sicuro è rimasto nelle sue mani il cerino del pasticciaccio brutto del Campidoglio. Ma ancora ieri evitava di legare la propria immagine alla Raggi. «Alice nel paese delle meraviglie», lo sfottevano dal Pd e lui, per mezzo di portavoce, rifiutava commenti. Muto e sordo, «incapace di governare pure un condominio», nella parodia che ne fa il governatore campano De Luca. Di Maio non spiega se era a conoscenza di quanto accadeva a Roma, e se ha condiviso le leggerezze della sindaco. Capolavoro di ambiguità l'unico suo comunicato: «Chi pensava che governare Roma fosse una passeggiata si sbagliava, questo è solo l'inizio».

Parli più chiaro, il giovane Luigi sempre ben imbeccato dai guru della comunicazione. Forse che nella solitudine del volo Icaro s'è accorto che questi labirinti romani possono bruciargli le ali?

Commenti