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Il paradosso dello Stato: è un grande inquinatore e non si sanziona mai

Dagli edifici pubblici provengono 13 milioni di tonnellate di emissioni. E il piano di efficientamento, che taglia i consumi del 20%, non decolla

Il paradosso dello Stato: è un grande inquinatore  e non si sanziona mai

L'amministrazione pubblica - quella che blocca il traffico, a targhe alterne e non, quella che multa chi non ha fatto il «bollino» alla caldaia o al condizionatore e che limita la circolazione alle vecchie auto perché poco pulite - è anche un grande inquinatore. Peraltro - fatte le dovute eccezioni - con poca voglia di limitare consumi ed emissioni.Il problema è noto, tanto che da qualche anno i vari governi, pressati dall'Unione europea, stanno cercando di limitare lo spreco di combustibile e il relativo inquinamento «pubblico». I dati sono impressionanti.

Gli edifici pubblici consumano ogni anno 4,8 milioni di tonnellate di petrolio, pari al 4% del consumo totale nazionale. Combustibile fossile che serve a riscaldare e a dare energia a scuole, caserme, ministeri, locali degli enti pubblici. Tre milioni di tonnellate servono al riscaldamento o al raffreddamento, gli altri a fornire energia elettrica. Volendo fare un'approssimazione, dei 330 milioni di tonnellate di emissioni di anidride carbonica prodotte in Italia dai combustibili fossili, circa 13 milioni sono da imputare allo Stato e alle sue articolazioni. Inquinamento e consumi fisiologici, si dirà. Ma non è così. Ci sarebbero margini di riduzione di circa il 20 per cento secondo i tecnici che stanno lavorando all'efficientamento degli uffici pubblici. Per realizzarlo è stata istituita una cabina di regia presso il ministero dello Sviluppo Economico. Per il ministro Federica Guidi è una delle priorità. Il Demanio sta facendo un censimento degli edifici pubblici, con le relative caratteristiche. La raccolta dei dati dovrebbe essere conclusa e le prime elaborazioni potrebbero arrivare nei prossimi mesi.Un'idea delle dimensioni del patrimonio immobiliare da riscaldare, raffreddare e illuminare, la dà il Piano di Azione energetica dell'Enea pubblicato nel 2014.

Gli edifici ad uso governativo che potrebbero rientrare nel piano di risparmi (quindi superiori ai 500 metri e non in palazzi storici) sono 2.900 per un totale di 13,8 milioni di metri quadri. Su questi si dovrebbero concentrare gli sforzi per fare calare i consumi. In ballo oltre alla riduzione dell'inquinamento «di Stato» c'è anche un bel risparmio economico. Strutturale e certo, di quelli che fanno bene ai conti pubblici. I calcoli sono semplici. La bolletta energetica della Pubblica amministrazione è da capogiro. Ogni anno lo Stato spende in riscaldamento ed energia 6,5 miliardi di euro. Se la Pa adottasse in toto misure di risparmio da buon padre di famiglia (o come quelle che stanno adottando molte aziende) si potrebbero risparmiare 1,5 miliardi di euro. Il doppio rispetto a quanto è stato stanziato dal governo da qui al 2020 per mettere a norma dal punto di vista dei consumi uffici pubblici e imprese. Paradossalmente uno degli ultimi decreti che attuano il piano varato e fortemente voluto dallo Sviluppo, è fermo da un bel po' di tempo al ministero dell'Economia. Dicastero che dovrebbe avere tutto l'interesse a creare le condizioni per un risparmio strutturale. Per una volta le amministrazioni sembrano comunque volere procedere. L'Agenzia del Demanio assicura di avere ricevuto i dati per il censimento. Sono già partiti 157 piani per 110 milioni di euro per rendere più efficienti e meno inquinanti gli edifici pubblici.

Se la Pa risponderà gli italiani potranno risparmiare e respirare un po' meglio.

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