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"Un partito trattato come Autostrade senza che ci sia la condanna definitiva"

Il giurista Giorgio Spangher dubita dell'applicabilità del sequestro a un soggetto politico

"Un partito trattato come Autostrade senza che ci sia la condanna definitiva"

Roma - «Mi sembra una sentenza problematica quella del tribunale del Riesame di Genova, sul sequestro dei fondi della Lega», spiega il giurista Giorgio Spangher, già preside della facoltà di Giurisprudenza dell'università di Roma «La Sapienza» e professore emerito di procedura penale.

Problematica in che senso, professor Spangher?

«Almeno sotto due profili. Il primo riguarda il fatto che la legge 231, quella che consente il sequestro di beni per la responsabilità delle persone giuridiche, esclude che siano interessati gli enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale. Questo, per evitare che un sequestro incida sui percorsi democratici. E i partiti, come la Lega in questo caso, hanno certamente rilevanza costituzionale. Semmai si potrebbe discutere sul fatto che abbiano natura di enti, ma ci sono interpretazioni di costituzionalisti che li includono tra quelli che devono essere esclusi. Ne abbiamo discusso proprio in un convegno a Roma ad agosto dedicato appunto alla questione giudiziaria di Genova. Vede, le faccio un esempio: Autostrade è stata appena incriminata per il crollo del Ponte Morandi, proprio in base alla legge 231 del 2001 di cui parlavo. La differenza è che si tratta di una società e non di un partito, come per la Lega. In questo caso, la decisione di sequestro è molto forte perchè blocca l'attività politica di un partito e quindi ha ricadute non secondarie sul processo democratico del nostro Paese».

E qual è la seconda perplessità sulla sentenza?

«Riguarda le cosiddette sopravvenienze, cioè la possibilità di colpire denaro che non è direttamente collegato al reato commesso e, dunque che non è necessariamente illecito. In un primo momento, lo stesso tribunale del Riesame di Genova aveva escluso la possibilità di colpire con il sequestro le sopravvenienze, cioè i fondi attuali della Lega. Poi c'è stato il ricorso in Cassazione, che ha accolto la tesi contraria, sostenendo che i soldi sono tutti uguali. Una posizione discutibile, perchè invece si può distinguere tra denaro buono e denaro cattivo. Solo perché un soggetto continua la sua vita non è detto che i fondi che arrivano dopo il reato possano essere ritenuti provenienti da un arricchimento illecito, come è stato accertato per quello legato ai fatti precedenti. E comunque, la decisione presa oggi dal tribunale del Riesame non è definitiva, perchè ci può essere ancora un ricorso in Cassazione. Un'altra sezione della Suprema Corte potrebbe essere di altro avviso».

Il processo non è finito, ci dev'essere il giudizio d'appello contro Bossi, Belsito e i revisori dei conti del Carroccio, che tra il 2008 e il 2010 avrebbero avallato la truffa da 49 milioni ai danni dello Stato. Ci sono altri profili della sentenza che generano dubbi, sempre dal punto di vista giuridico?

«Sì, la condanna non è definitiva e bisognerà vedere l'esito del giudizio di merito. Il sequestro si innesta su un reato commesso, che ha provocato un illecito arricchimento, ma se non venissero confermate le condanne, se in alcuni casi intervenisse ad esempio la prescrizione, il quadro si modificherebbe. E senza condanna non è possibile alcun sequestro».

Quindi la vicenda non è ancora chiusa e le perplessità sull'entità delle conseguenze anche politiche della sentenza sono giustificate?

«Io posso parlare sotto il profilo giuridico, non dò giudizi sull'opportunità politica di una decisione che però ho motivo, come altri colleghi, di ritenere problematica sotto i diversi aspetti di cui ho parlato».

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