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Dopo la passione cinese Di Maio vola tra gli emiri

Il vicepremier cambia destinazione e va in missione a Dubai per corteggiare le imprese

Dopo la passione cinese Di Maio vola tra gli emiri

Forse sarà la mezza delusione per il reddito di cittadinanza che non ha sfondato in alcune aree del Sud, come ricostruito dal Giornale il 5 aprile. Più probabilmente la strategia rientra nella campagna elettorale continua in seno all'«alleanza competitiva» con la Lega di Matteo Salvini. Fatto sta che Luigi Di Maio, in partenza verso gli Emirati Arabi Uniti, è pronto a lanciare quella che lui chiama la «fase due». Abolita la povertà con un affaccio dal balcone di Palazzo Chigi, il vicepremier e ministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico, ora punta alla crescita inserendo nell'agenda una serie di viaggi intercontinentali.

Dopo la traversata in Cina con biglietto economy e pernottamento all'Hotel Hilton, l'accordo della Via della Seta con il presidente cinese Xi Jinping in visita a Roma, ecco la missione a Dubai.

A poco più di un mese dall'importante appuntamento elettorale delle europee, Di Maio ieri è partito verso gli Emirati alla testa di una delegazione formata da 147 aziende, 8 associazioni di imprenditori e 7 banche. Con lui un altro grillino, il sottosegretario agli Esteri Manlio Di Stefano.

Tra gli organizzatori della «missione di sistema» la Confindustria, l'Agenzia Ice (Istituto nazionale per il commercio estero) e l'Abi, associazione bancaria italiana. Per molti bene informati si tratta dell'ennesimo corteggiamento pentastellato nei confronti del mondo confindustriale, con cui pare essere scoppiato un insolito feeling. Ancora fanno discutere le parole pronunciate da Vincenzo Boccia, numero uno della confederazione degli imprenditori, che ha detto: «Di Maio sembra uno di noi». Frasi rispedite al mittente da Alessio Rossi, presidente dei giovani di Confindustria: «Luigi Di Maio? Non è uno di noi - ha spiegato dalla Puglia - anche se ultimamente vuole aggiustare la mira...».

L'ennesima metamorfosi del capo politico sta, appunto, nelle apparenze. In un continuum di piroette, a seconda del momento politico e dei consigli del suo chiuso e ristretto staff di fedelissimi. Seguire Di Maio è come stare su un ottovolante. In pochi mesi siamo passati dalle Ong «taxi del mare» alle virate a sinistra delle ultime settimane, smentite più di recente da toni melliflui da democristiano dell'Irpinia, complimenti alla Merkel e sussurri di Palazzo su un cambio di pelle «moderato». E la mutazione sarebbe in grado persino di sedurre un Mattarella spaventato dalle intemperanze di Salvini.

Nel primo pomeriggio di ieri, il vicepremier grillino ha concesso un'intervista al sito Affaritaliani.it. «La firma per la Via della Seta, il mio viaggio negli Stati Uniti e quello che mi appresto a compiere negli Emirati - ha detto Di Maio - hanno un filo conduttore che è legato, appunto, all'aumento dell'export. La missione negli Emirati ci consentirà di approfondire le opportunità di partenariato industriale, commerciale e di investimenti per le nostre imprese».

Se il core business del patto con i cinesi sono anche le arance, il viaggio arabo «avrà il suo focus nei settori Infrastrutture, Energia e Ambiente, Sanità e Farmaceutico, Agroindustria, Ict». Conclude Di Maio: «Il mio obiettivo è la crescita del nostro Paese».

Almeno fino alla prossima mutazione genetica.

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