Politica

Pasticcio su Cantone Palazzo Chigi lo degrada poi cerca di rimediare

Il governo gli toglie poteri e lui fa trapelare la sua irritazione. In serata la retromarcia

Pier Carlo Padoan con Raffaele Cantone e Roberto Garofoli
Pier Carlo Padoan con Raffaele Cantone e Roberto Garofoli

Cantone sì, Cantone no. È davvero finito l'idillio tra il governo e il presidente dell'Anac? Da quando è stato nominato da Renzi ad oggi, Cantone è stato tenuto in massima considerazione da tutti, in particolare dall'ex premier, che ha sempre avuto un'autentica passione per il magistrato prestato alla lotta contro il malaffare nella pubblica amministrazione, al punto da portarselo appresso alla Casa Bianca alla cena di commiato dell'ex presidente Obama.

Ma adesso non è più tempo di luna di miele e a Cantone tocca incassare un brutto colpo, che di fatto ridimensiona i poteri di intervento dell'Anac sugli appalti sospetti. Anche se Palazzo Chigi mette subito le mani avanti («Nessuna volontà politica di ridimensionare l'Anac») e assicura che verrà tutto sistemato in maniera inequivocabile già in sede di conversione del decreto. Un pomeriggio di fuoco, quello di ieri, per il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni in missione a Washington, costretto a rassicurare un Cantone chiaramente irritato.

Il pasticcio accade durante lo scorso consiglio dei ministri, quando al momento di fare il «tagliando» di un anno alla legge, è stato abrogato il comma 2 dell'articolo 211 del nuovo codice degli appalti, quello che era stato approvato dopo gli scandali di Expo e Mafia Capitale e che attribuiva all'Anac un importante ruolo di intervento e di prevenzione senza dover aspettare i tempi più lunghi della magistratura ordinaria. Da allora Cantone è sempre stato portato in un palmo di mano, in primis da Renzi, pronto a spenderlo ad ogni occasione come simbolo del nuovo corso del Paese, ostile ad ogni forma di corruzione. Il cdm del governo Gentiloni, invece, cambia le carte in tavola e abroga l'articolo 2, scavalcando il Parlamento, che pure lo aveva voluto, con un provvedimento già firmato dal capo dello Stato. Un vero e proprio giallo quello della norma anti-Cantone, che ha costretto il governo a correre ai ripari e a spiegare come galeotto sia stato un parere del Consiglio di Stato, recepito sulla base di un principio di rango costituzionale ed europeo. Nella riunione preparatoria a Palazzo Chigi si era discusso dell'eventualità di assegnare eccessivi poteri all'Anac ed è passata la tesi che con quella norma l'Authority avrebbe potuto sospendere anche atti amministrativi non dichiarati illegittimi da un giudice e avrebbe avuto anche un potere sanzionatorio. Decisione poi ratificata dal Cdm. Decreto approvato «salvo intese», viene ricordato. Anche il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, prima che il governo aggiustasse il tiro, aveva auspicato una verifica da parte del Consiglio dei ministri sugli effetti della cancellazione del comma 2. «Depotenziare l'Anac è un errore che sicuramente governo e Parlamento correggeranno subito», aveva twittato il presidente del Pd, Matteo Orfini dopo che i pentastellati erano partiti lancia in resta. Come Luigi Di Maio: «Quelli del governo hanno tolto i poteri all'Anac per il controllo sugli appalti e alcuni senatori dello stesso partito fingono di litigare con il governo dicendo dovete reintrodurre quella norma».

I deputati M5S della commissione Affari Costituzionali mettono tutto in correlazione con le recenti vicende giudiziarie che toccano gli uomini di Renzi: «Il colpo di spugna è ancora più grave in un momento in cui ci sarebbe bisogno di una maggiore trasparenza, come si evince da quanto emerge dallo scandalo Consip».

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