Cronache

Il patto dei prof imbroglioni: "Esami? Merce di scambio"

Sette docenti ai domiciliari, in tutto 59 indagati in diversi atenei italiani. C'è pure l'ex ministro Fantozzi

Il patto dei prof imbroglioni: "Esami? Merce di scambio"

Sette docenti universitari agli arresti domiciliari, 22 interdetti dallo svolgimento delle funzioni di professore universitario e di quelle connesse a ogni incarico assegnato in ambito accademico per la durata di un anno, in tutto 59 indagati: è questo il risultato della vasta operazione di polizia giudiziaria, denominata «Chiamata alle armi», eseguita ieri da oltre 500 militari della Guardia di finanza su tutto il territorio nazionale. L'accusa è quella legata a reati di corruzione per cui sono state attuate più di 150 perquisizioni domiciliari presso uffici pubblici, abitazioni private e studi professionali.

L'indagine è partita nel 2014, in seguito alla denuncia di un ricercatore universitario, candidato al concorso per l'abilitazione scientifica nazionale all'insegnamento nel settore del diritto tributario, indotto a ritirare la propria domanda allo scopo di favorire un soggetto con un curriculum inferiore. Al giovane fu promesso che la commissione esaminatrice lo avrebbe abilitato in una tornata successiva. Le misure coercitive sono state disposte dal gip del tribunale di Firenze, Angelo Antonio Pezzuti, su richiesta della Procura della Repubblica diretta dal procuratore Giuseppe Creazzo, a seguito delle indagini portate avanti dai finanzieri del Nucleo di polizia tributaria di Firenze. Da quanto risulta dall'ordinanza, che conta 45 nomi, perché i restanti 14 entrano nell'indagine in maniera marginale, benché oggetto di perquisizione e interrogatorio, risulta che sono stati accertati «sistematici accordi corruttivi tra numerosi professori di diritto tributario per le procedure di abilitazione scientifica nazionale all'insegnamento nel settore specifico, finalizzati a rilasciare le abilitazioni secondo logiche di spartizione territoriale e di reciproci scambi di favori, con valutazioni non basate su criteri meritocratici, ma orientate a soddisfare interessi personali, professionali o associativi».

Nell'ordinanza si legge che «il procedimento origina dalla denuncia» di un concorrente «all'abilitazione nazionale all'insegnamento». Il giovane, il 21 marzo 2013, era stato contattato dal professor Pasquale Russo, ordinario di diritto tributario alla facoltà di giurisprudenza dell'Università di Firenze. Lo stesso, in sostanza, come risulta da due spezzoni di conversazioni registrate, «gli aveva chiesto di ritirare la sua candidatura per favorire l'abilitazione di altri candidati». Russo gli aveva detto: «È stata fatta la lista e tu non ci sei», facendogli capire di accordi tra i membri della commissione. A quel punto il candidato aveva chiesto esplicitamente se nella lista rientrasse «Francesco Padovani, che era socio nello studio professionale di Russo». Alla domanda il professore aveva risposto che «Padovani era nella lista perché la scuola aveva deciso di puntare su di lui, era il candidato da loro sponsorizzato».

Tra gli indagati figura anche l'ex ministro delle Finanze Augusto Fantozzi. In un'intercettazione il professore, a cena in un ristorante romano con Pietro Boria, Andrea Fedele, Leonardo Perrone e Augusto della Valle, spiega che l'abilitazione di Perrone è «stato il frutto di un accordo intercorso nell'ambito di una commissione che ha esaurito i suoi lavori a fine 2013».

Parlando del commissario Andrea Colli Vinarelli, che per Fantozzi «voleva una cosa sola», riferendosi all'abilitazione del candidato Antonio Perrone, non «ha creato più problemi perché l'accordo era stato raggiunto. L'ha preso - ha detto -, poi non ha opposto resistenza, neanche a parole». Gli accordi si evincono in più occasioni. In una telefonata del 26 febbraio 2015 la commissario Maria Pia Niastri racconta al collega Fabrizio Amatucci come aveva svolto il lavoro assegnato: «Qui ci sono 12 candidati ordinari e 13 candidati, mi pare, associati - ha esordito -. I nostri ci stanno tutti».

Infine, in un'altra conversazione, parlando di due scenari possibili, un altro indagato, Adriano Di Pietro, spiega come il commissario antagonista avrebbe potuto «attaccare in maniera tale da fare del suo (candidato) merce di scambio».

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