Economia

Il Pd arriva in ritardo e fa un'altra figuraccia

Il Pd arriva in ritardo e fa un'altra figuraccia

Nel salvataggio in extremis di Popolare Vicenza e Veneto Banca non c'è niente da festeggiare per il contribuente che ha un costo immediato di 5 miliardi per i crediti a Intesa Sanpaolo che fa il salvataggio, oltre ai 5 e rotti che lo Stato esborsa per la nazionalizzazione parziale (temporanea?) di Monte Paschi.

Niente da festeggiare per il governo attuale e per quello di Renzi, che sono intervenuti tardi, sia perché prima si dovevano occupare di Mps, banca fino a un recente passato controllata dal Pd, con molti pasticci sui cui urge l'indagine parlamentare. E perché non avevano ancora trovato la formula giusta, scoperta (non è chiaro come mai) solo poche settimane fa, a tempo quasi scaduto, con costi molto maggiori di quelli di un intervento tempestivo, quando è emerso in modo evidente lo stato di insolvenza delle due banche. Nulla ha da festeggiare ha l'Europa la cui autorità bancaria non ha rilevato a suo tempo tale insolvenza e le cui autorità di vigilanza solo ora si sono accorte che, trattandosi di banche di media grandezza, non si doveva applicare la normativa sul bail in, ma la procedura nazionale di liquidazione coatta amministrativa.

Soprattutto non ha niente da festeggiare, ma molto di cui vergognarsi il Pd, che in tutta questa vicenda ha tenuto un comportamento oscuro e dilatorio e, perché in altre faccende affaccendato, come il referendum sulla riforma costituzionale, le primarie del partito e le connesse lotte intestine di potere, la grana di Mps, per le quali non era opportuno far emergere questo bubbone. Nonché per il Nord D'Est che non ha più banche proprie, salvo quelle di dimensione locale, nonostante che sia l'area più dinamica dell'economia italiana. Invece che appoggiare il testo del decreto del governo, approvato dalle autorità europee sul filo del rasoio - e che costituisce, comunque, il meglio che nelle circostanze si doveva fare, senza più perdere tempo - il PD ha presentato due emendamenti assurdi. Uno, dichiarato inammissibile, prorogava di un anno gli adempimenti a cui è tenuta Intesa, che certo si assume degli oneri gravosi, ma ha comprato le due banche per un euro, e riceve 5 miliardi di aiuti, considerati non lesivi delle regole sulla concorrenza sulla base di ragionamenti corretti ma al limite. Intesa Sanpaolo ha sottoscritto un protocollo in cui i suoi impegni sono immediati, vincendo una gara: esso non è modificabile. L'altro emendamento mira a risarcire gli obbligazionisti che hanno sottoscritto i titoli emessi dalle due banche dopo che erano entrate in crisi, quando i rischi erano palesi. Un emendamento che contraddice la linea tenuta con Banca Etruria (a cui non si doveva applicare il bail in perché non c'era crisi sistemica); contraddice la linea del governo; dà il cattivo esempio agli altri gruppi parlamentari in tema di emendamenti. Invece urge chiudere il capitolo «crisi bancaria», risolta tardi, alla men peggio.

Incombono ora altre questioni: conti pubblici, immigrazione, investimenti.

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