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Il Pd chiama Berlusconi sulla legge elettorale E Fi detta le condizioni

Franceschini apre al Cavaliere: però molli gli estremisti. Brunetta: premio di coalizione

Il Pd chiama Berlusconi sulla legge elettorale E Fi detta le condizioni

O ra il Pd chiede una mano a Berlusconi. E il Cavaliere detta le sue condizioni. Sulla legge elettorale è il ministro piddino Dario Franceschini a rompere gli indugi e fare un appello al leader di Forza Italia: «Mi rivolgo direttamente a Silvio Berlusconi - dice in un'intervista al Corriere della Sera -. Il vecchio bipolarismo tra destra e sinistra è stato sostituito dallo scontro tra forze responsabili e forze populiste». Ergo, ecco l'offerta: «Siccome dovremo ragionare di legge elettorale, ci sono modelli che non impongono alleanze innaturali». In realtà la richiesta di Franceschini è ancor più specifica e politica: chiede, cioè, a Berlusconi di abbandonare al proprio destino le forze populiste, Lega e Fratelli d'Italia in testa. Ossia gli alleati storici del Cavaliere. Il discorso di Franceschini pare prefigurare l'auspicio di un'intesa anche politica, una sorta di Große Koalition che escluda le ali estreme: Lega da una parte, Movimento 5 Stelle dall'altro. Franceschini lo nega con forza, ribadendo che Pd e moderati resteranno avversari; ma è evidente che la mano tesa c'è eccome. Si cerca almeno di limitarla alla scrittura della legge elettorale.

Berlusconi, dal canto suo, mette i suoi paletti, non escludendo affatto il dialogo. I paletti per il Cavaliere sono noti e vengono peraltro ufficializzati in commissione Affari costituzionali al presidente Mazziotti: «Base proporzionale, premio alla coalizione, omogeneizzazione tra Camera e Senato delle soglie di sbarramento, collegi su base provinciale. Su questa base siamo disponibili a discutere con tutti altri partiti», specifica subito il capogruppo azzurro alla Camera, Renato Brunetta. E il problema potrebbe essere proprio il premio alla coalizione: fortemente desiderato dal Cavaliere per non dover far nascere un listone con Salvini che proprio in queste ore è tornato a picchiare duro sul Cavaliere. Ma Renzi sarebbe disposto a concederlo? Ci sono molti dubbi mentre invece non dovrebbero esserci problemi sul fronte dei capilista bloccati posto che anche l'ex sindaco di Firenze ha tutto l'interesse a mantenerli.

Detto questo, la mossa di Franceschini viene letta in molti modi negli ambienti vicino ad Arcore. Da un lato si derubrica a «manfrina»: ossia un tentativo di dimostrarsi concilianti ma senza un reale intento di raggiungere un accordo. Non solo: i più maliziosi lo leggono come un tentativo di dividere il centrodestra spaccando definitivamente Berlusconi dagli alleati della Lega e di Fratelli d'Italia. Un tentativo che, giurano molti azzurri, non andrà in porto. Gasparri mette in guardia: «Dovremmo fare esattamente il contrario di quello che dice Franceschini, che vorrebbe un centrodestra diviso per imporre il predominio del Pd».

Poi, altri boatos di Transatlantico, sottolineano come Franceschini starebbe per muoversi autonomamente. In pratica si legge la sua intervista come un tentativo di accreditarsi come futuro presidente del Consiglio di un governo di larghe intese. E sembra strano visto che soltanto nel 2009 proprio Franceschini diede prova di un antiberlusconismo viscerale e ideologico da capo del Pd. Berlusconi aveva appena stravinto le elezioni e il buon Dario sputò veleno: «Chiederò a mio padre, che era un giovane partigiano di portare a Ferrara la copia della Costituzione, e giurerò sopra la mia fedeltà. Tutti gli italiani comincino una battaglia per difendere la democrazia italiana. Questo (Berlusconi, ndr) è contro la Costituzione a cui lui ha giurato fedeltà».

In ogni caso Berlusconi non si fida più di tanto delle proposte che arrivano in questa fase e ufficialmente non risponde. Lo farà forse oggi o domani quando potrebbe arrivare a Roma per incontrare i suoi.

E dettare la linea.

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