Politica

Pd diviso pure sulle trivelle

Il referendum sulle trivelle in mare fa litigare i dem. La posizione ufficiale del partito è l'astensione. Ma la minoranza: "Chi l'ha deciso?". Ormai ogni occasione è buona per litigare

Matteo Renzi e Roberto Speranza
Matteo Renzi e Roberto Speranza

La minoranza dem torna all'assalto. Che il Pd ha assunto la posizione dell'astensione al referendum di aprile sulle trivelle in mare, i ribelli piddì lo hanno apprendo dal sito dell'Agcom. "È una posizione che non condivido affatto e che non credo possa essere compresa da una parte significativa dei nostri elettori", ha sbottato Roberto Speranza, deputato che guida Sinistra riformista. "Questo referendum è inutile - tagliano corto i vicesegretari del Pd Lorenzo Guerini e Debora Serracchiani - non riguarda le energie rinnovabili, non blocca le trivelle, non tocca il nostro patrimonio culturale e ambientale".

"Al netto di una discussione di merito che sarebbe bello fare anche con chi legittimamente può pensarla diversamente - tuona Speranza - mi chiedo come e dove sarebbe stata assunta questa scelta". La segreteria non si riunisce da mesi. La direzione e l'assemblea non hanno mai discusso di questo referendum. E l'assemblea si è svolta giusto pochi giorni fa. "Credo che si tratti di un refuso burocratico - interviene il governatore della Puglia, Michele Emiliano - ma se non fosse così deve essere cambiato lo Statuto del Partito democratico". "Si può andare avanti così?", domanda Speranza. "Così non va proprio bene...", fa eco Davide Zoggia sostenendo che "un partito serio ne discute e prende una decisione, non cerca di far passare sotto silenzio una scelta così delicata". Tanto più che, in diverse Regioni, molti iscritti al Pd si sono già schierati per il "sì". "Un partito che nella sua ragione sociale contiene il concetto di democrazia dovrebbe sempre favorire la scelta della partecipazione dei cittadini - commenta Nico Stumpo - qualsiasi decisione, compresa la libertà di coscienza, sarebbe stata condivisibile ma la decisione per l'astensione - conclude - non può essere quella del Partito Democratico".

Agli italiani il referendum costerà 300 milioni di euro. La legge prevede che non possa essere accorpato ad altre elezioni. "I soldi per questo referendum potevano andare ad asili nido, a scuole, alla sicurezza, all'ambiente", ribattono Guerini e la Serracchini. I due ne parleranno anche alla prossima riunione di direzione che si terrà lunedì prossimo. Se il referendum passerà l'Italia dovrà licenziare migliaia di persone e comprare all'estero più gas e più petrolio - annunciano - ecco perché la segreteria pensa che questo referendum sia inutile". La posizione del Pd ha infastidito anche i partiti "amici" di sinitra. Sul piede di guerra si è subito messo Sel. Per il capogruppo Arturo Scotto la posizione di Matteo Renzi e compagni è "surreale" perché strizza l'occhio ai petrolieri.

Anche i Cinque Stelle criticano duramente i dem.

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