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Pd, perso un milione di voti. Il tracollo nei feudi rossi

Fuga di elettori rispetto al 2013. E Orlando contesta le cifre. Il video dei migranti in coda

Pd, perso un milione di voti. Il tracollo nei feudi rossi

Roma - Matteo Renzi prova a «truccare» anche le partite amichevoli. Il risultato delle primarie Pd non è in discussione. Ma il quadro di numeri e cifre in cui è maturata la vittoria del rottamatore fiorentino comincia a tingersi di ombre. I sostenitori dello sconfitto Andrea Orlando vanno all'attacco sul primo dato che domenica sera aveva fatto esultare Renzi: l'affluenza. Il report (provvisorio) diffuso dal Nazareno certificherebbe la presenza di 1.848.658 elettori ai gazebo, circa 1 milione in meno rispetto alle primarie del 2013. Dati «farlocchi» per lo staff del ministro della Giustizia. Marco Sarracino, portavoce di Orlando, sostiene che il numero di votanti non superi 1.600.000. Sandra Zampa, deputata Pd e responsabile Comunicazione della mozione Orlando, intervenendo al programma Un Giorno da Pecora, su RaiRadio1, annuncia che «sarà richiesto il riconteggio delle schede». Lorenzo Guerini chiude il caso: «Senza polemiche e con assoluta pacatezza vorrei spiegare a Zampa che la procedura per la proclamazione dei dati ufficiali avviene secondo il regolamento congressuale sulla base dei verbali delle commissioni provinciali Congresso. Quello che farà la commissione nazionale. Nessuna richiesta da parte di una mozione ma la semplice applicazione delle nostre regole come chi sa chi ha avuto la bontà di leggerle. Non creerei polemiche perché delusi dal risultato delle primarie».

Su un punto non sembrano esserci divisioni: il crollo dei votanti nelle regioni rosse. Nella terra (un tempo) patria dei post-comunisti. In Emilia Romagna si passa da 405.505 votanti nel 2013 a 216.000 mila circa, ovvero il 47%. In Toscana da 393.513 a 210.897: meno 46,4%. In Umbria dal 71.176 a 40.562: meno 43%. In Piemonte si passa da 164.578 a 90.285: meno 46%. In Liguria da 81.870 a 47.920: meno 41,4%. In quelle regioni, dove forse pesa maggiormente la scissione nel pd ma soprattutto nelle aree in cui il sogno renziano non incanta più, la partecipazione s'è dimezzata. Renzi costruisce la vittoria al Sud. Due casi su tutti: Salerno, la città del governatore della Campania Vincenzo De Luca che aveva candidato il figlio Piero e il sindaco di Agropoli (famoso per le fritture di pesce) Franco Alfieri, dove la mozione renziana ha raccolto il 90% dei voti su 6.915 elettori, e Diamante, località della Calabria, dove metà paese (2.500 su 5.223 elettori) si è recato ai gazebo per dare fiducia all'ex sindaco di Firenze. A Ercolano, comune guidato da Ciro Buonajuto, pupillo del ministro Boschi, un video del sito Fanpage raccoglie la denuncia di un immigrato ospitato in un centro di accoglienza, costretto a votare alle primarie per Renzi.

Il secondo nodo ancora da sciogliere riguarda la percentuale di consenso raccolta dall'ex presidente del Consiglio alle primarie del 30 aprile. Rispetto al 2013, Renzi perde circa mezzo milione di voti: nella sfida contro Gianni Cuperlo e Pippo Civati, i voti per il rottamatore furono 1.895.658 a fronte dei 1.283.000 di domenica. E anche su questo dato c'è chi solleva dubbi: il giglio magico assegna a Renzi il 70% dei voti mentre a Orlando il 19.50% ed Emiliano il 10.49. Cifre sballate per gli orlandiani che collocano Renzi al di sotto del 70% (tra il 68/69), Orlando al 22% ed Emiliano che racimola la metà dei suoi voti in Puglia (83mila su 198mila) tra il 9 e 10%. Chiusa la partita delle primarie, in casa Pd si apre guerra dei numeri: oggi la commissione nazionale certificherà il risultato ufficiale. E metterà la parola fine.

Forse.

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