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Il Pd in preda al panico da flop chiede aiuto al guru di Obama

Allarme rosso nella comunicazione del partito che teme una figuraccia su referendum e amministrative. La grillina Raggi nel mirino dei renziani

Il Pd in preda al panico da flop chiede aiuto al guru di Obama

Roma Ogni mattina al Nazareno una gazzella di minoranza pidì si sveglia e comincia a correre: sa che sarà comunque zittita da un rottweiler di Renzi. Ogni mattina un mucchio selvaggio allevato a pane e Matteo si sveglia e ringhia: sa che dovrà mantenere il pelo dritto tutto il giorno altrimenti a sera diventerà gazzella. È allarme rosso nella comunicazione del Pd. Esterna e interna, come anche uno non di primo pelo, Michele Emiliano, sa. È stato eletto a «bestia nera», sbeffeggiato dai sanculotti di Orfini, per il suo sbandierato impegno anti-trivelle (dunque per il sì al referendum del prossimo 17 aprile). «Visto che promuoverlo sono state le Regioni in mano nostra, ora che diamo, la colpa ai cittadini?», è sbottato l'ex leader Bersani parlando con i suoi.

Anche in questo caso la situazione pare stia precipitando e i sondaggi, come per le amministrative e il referendum d'ottobre, non promettono nulla di buono. Al punto che ieri mattina al Nazareno è piombato - atteso e accolto come un Messia - il nuovo guru assoldato da Renzi prima che le prossime campagne si risolvano in un disastro. Si chiama Jim Messina, ed è stato lo spin doctor di Obama nel 2012. A lui il compito di coordinare e meglio indirizzare una violenza verbale delle mezzefigure piddine che sta diventando sempre più preoccupante man mano che i numeri del partito precipitano in basso. Se il lesto segretario è già corso ai ripari con il campione amerikano, i segnali di nervosismo della truppa arrivano copiosi. Nei talk televisivi l'arroganza dei renziani ante-marcia e pre-marcia (vedi qualche giornalista che aspira al seggio) è ben oltre i limiti della sopportazione.

Se n'è dovuto accorgere l'ex direttore del Giornale, Mario Giordano, che alla Gabbia di Paragone, non riuscendo a frenare in altro modo l'irruente Rondolino, alla fine l'ha dovuto apostrofare con durezza («Guarda che non è che devi leccare il c. a Renzi anche qui!»). O il pubblico della Merlino, redarguito in diretta da una scatenata Maria Teresa Meli perché aveva «osato» applaudire l'intervento di un grillino. Il M5S è nel mirino, questo è chiaro. In particolare a Roma, dove Virginia Raggi ha approfondito il solco dal candidato renziano Giachetti (accusato di supponenza oramai anche dallo sconfitto delle primarie, Morassut). Tre giorni fa la Raggi aveva dichiarato di voler cambiare di sicuro il management Acea - società che a Roma si è resa protagonista di una serie di disguidi enormi a carico dei cittadini.

La dichiarazione è passata inosservata fino a ieri, quando il Messaggero di Caltagirone (azionista di minoranza di Acea) ha accusato la candidata grillina d'aver fatto perdere in borsa ad Acea 71 milioni («ai romani», scrive il quotidiano). Sulla scia del foglio di Caltagirone in poche ore s'è addensata una valanga di dichiarazioni anti-Raggi da parte di tutti i Pd, dal presidente Orfini a Giachetti, a figure minori che additavano addirittura la Raggi come pericolo pubblico (un «vergognoso teatrino - lo definiva Fratelli d'Italia -, tra la Raggi che gioca a fare la manager da strapazzo e i pidì che farneticano su un presunto crollo in borsa»). Lo stesso accadeva per un servizio del Tg1, nel quale Andrea Romano senza contraddittorio accusava i grillini di non meglio precisati «rimborsi da chiarire». La replica, un'interrogazione in Vigilanza.

E siamo solo agli inizi: se questo è l'andazzo, meglio cominciare tutti ad allenarsi nel mezzofondo.

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