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Il Pd prende tempo: assemblea dopo l'incarico

Intanto il partito è bloccato. Alle Regionali a fare campagna elettorale è soltanto Gentiloni

Il Pd prende tempo: assemblea dopo l'incarico

Roma Fuori c'è la crisi che si avvita, dentro c'è il groviglio della difficile successione a Matteo Renzi che non si dipana. E così rispunta l'idea del rinvio: niente Assemblea nazionale Pd del 21 aprile, che avrebbe dovuto decidere se votare un nuovo segretario (Maurizio Martina, già vice di Renzi) o convocare un congresso. Meglio prendersi qualche settimana, e aspettare che un po' di pezzi del puzzle vadano al proprio posto.

Al Nazareno lo chiamano «lodo Guerini», dal nome del coordinatore Pd nonché instancabile mediatore che ha messo la proposta sul tavolo delle varie correnti interne, per capire se lo slittamento potesse essere deciso, di comune accordo, e per fissare una eventuale data alternativa. Ne ha discusso anche lo stesso Renzi in un lungo vis-à-vis con Martina, ieri in mattinata. «Non rinviare, con il paese in stallo per gli indecorosi balletti messi in atto dai vincitori, sarebbe poco responsabile», ammonisce il renziano Dario Parrini.

E in serata è arrivato l'assenso dell'attuale reggente, decisivo per rinviare l'Assemblea. E anche le minoranze, da Andrea Orlando a Dario Franceschini a Nicola Zingaretti, secondo il quale si tratta di «una decisione di buon senso». L'ex premier, che in Assemblea ha i numeri decisivi, si ritrovava con i suoi divisi tra «falchi», che non vogliono la conferma di Martina, neppure - come è stato ipotizzato ieri - per un periodo limitato, e premono per andare ad un congresso entro l'anno, e «colombe» che invece puntano ad un'intesa sul nome del reggente. Il congresso è un'incognita per il fronte renziano, che non ha un candidato forte mentre altri (da Richetti alla Serracchiani a Zingaretti) già scaldano i motori per buttarsi in pista. L'unico che, con la benedizione del segretario uscente, potrebbe rompere i giochi è Graziano Delrio, che però per ora non ne vuol sapere.

La carta del rinvio concede tempo anche per affrontare questo dossier. Ma soprattutto, suggerisce un dirigente non renziano, «consentirebbe a Matteo di tornare a giocare un ruolo nella crisi, senza altri protagonisti interni a fargli ombra». Perché se dalla prossima settimana ci sarà un «esploratore» o un incaricato, «il Pd potrebbe presentarsi al tavolo delle trattative con una serie di proposte, per stanare i vari Di Maio e Salvini». Scenario che però non trova conferma in casa renziana, dove si spiega che quella che l'ex premier chiama la «linea dell'arrocco» non cambia: si attenderà che i «vincitori» Di Maio e Salvini consumino i loro tentativi, logorandosi nelle bislacche trattative di questi giorni. Se riusciranno a fare un governo centrodestra-M5s, il Pd avrà il monopolio dell'opposizione. Se falliranno, ne pagheranno il fio e si aprirà una nuova fase, guidata da Mattarella. Una fase nella quale il Pd giocherà le sue carte: se sarà Renzi a darle, o altri, è il cuore dello scontro interno.

Mentre a Roma il Pd si dibatte nell'impasse, le elezioni regionali del Molise e Friuli si avvicinano a grandi passi. E l'unico Dem che ci sta mettendo la faccia, andando a sostenere i candidati (con scarse speranze) del centrosinistra è il premier. Ieri Paolo Gentiloni era a Campobasso - in contemporanea con Berlusconi - per una manifestazione con Carlo Veneziale.

E lunedì sarà a Udine con Sergio Bolzonello.

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