Politica

Penati: "Se il pm sbaglia deve pagare"

Filippo Penati, ex presidente della provincia di Milano, rievoca la sua vicenda giudiziaria e se la prende con "certi procuratori"

Penati: "Se il pm sbaglia deve pagare"

"Perché un chirurgo che sbaglia paga e un magistrato no? In magistratura chi sbaglia non solo non viene punito ma fa carriera”. A chiederlo è Filippo Penati, ex presidente della Provincia di Milano ed ex braccio destro di Pierluigi Bersani che nel 2015, dopo tre anni di processo, è stato assolto dalle accuse dell’inchiesta sul “sistema Sesto”, e che oggi vede il procuratore aggiunto di Monza Walter Mapelli, suo grande accusatore vicino a diventare capo della procura di Bergamo.

Penati attualmente insegna italiano ai migranti minorenni della comunità S. Francesco di Milano ma non può dimenticare gli anni terribili che ha dovuto passare tra le aule di tribunale.“Ho passato quasi cinque anni dentro un incubo”, racconta Penati a La Stampa ricordando la sua vicenda iniziata il 20 luglio 2011.“Venni definito dalla procura di Monza ‘delinquente abituale’. Quando lo vidi scritto in prima pagina sul Corriere della Sera non potevo crederci. Ma lei lo sa come si può sentire una persona onesta?” chiede al suo intervistatore, Amedeo La Mattina a cui rilascia anche una frase choc:“Guardi io non ho pensato mai al suicidio, ma sono arrivato a capire perfettamente le ragioni di chi si è tolto la vita”.

L’ex presidente della provincia di Milano denuncia “un eccesso di carcerazione preventiva e una totale deresponsabilizzazione dei magistrati che sbagliano”. Dice di non aver perso la fiducia nella magistratura grazie ai giudici onesti che l’hanno assolto e che il problema sono “certi procuratori”. Renzi ha ragione: un’accusa equivale a una condanna. Ma – spiega - è che la giustizia viene sempre intestata ai pm: sono loro che fanno notizia grazie all’uso dei media e dei giornalisti”. E non fa mancare una stoccata al suo ex partito, il Pd dove c’è ancora tanta ambiguità nonostante Renzi abbia reagito bene dicendo che l’autonomia della politica va rispettata. Penati, infine, ricorda l’”amarezza indicibile” provata quando il Pd lo espulse e si costituitì parte civile contro di lui anche se aveva ricevuto solo un avviso di garanzia. “Poi si ritirò dal processo quando cominciò a capire che ero pulito. Bersani era il bersaglio.

Il partito non ha retto l’urto mediatico-giudiziario e – conclude - Pierluigi, che ha sempre creduto nella mia innocenza, non ha potuto arginare l’ipocrisia del Pd”.

Commenti