Cronache

Pensioni, Boeri attacca: "Fermare l'adeguamento ci costerà 141 miliardi"

Dopo la Ragioneria un altro no al blocco dell'età pensionabile. Rivolta dei sindacati

Pensioni, Boeri attacca: "Fermare l'adeguamento ci costerà 141 miliardi"

Roma - Dopo l'allarme della Ragioneria generale dello Stato sugli elevati costi di un eventuale stop all'adeguamento dell'età pensionabile, sindacati e politica sono tornati all'attacco per chiedere che il governo tenga fede alla moderata apertura sul tema evidenziata nel tavolo sulla previdenza tra il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, e i rappresentanti dei lavoratori. A questo punto toccherà al ministro dell'economia, Pier Carlo Padoan, sciogliere il dilemma tra protensioni elettoralistiche della manovra e necessità di mantenere i conti pubblici sotto controllo. Da quale parta batta il suo cuore non è in mistero visto che la pubblicazione del rapporto della Rgs in questo preciso momento del dibattito politico-economico è stata decisa da Via XX Settembre.

La sortita della Ragioneria, però, ha rafforzato le convinzioni del presidente dell'Inps, Tito Boeri, che da diversi mesi cerca di sottolineare come sia «pericolosissimo toccare il meccanismo perché avremmo un ulteriore aggravio di spesa pensionistica che noi stimiano in 141 miliardi di euro». Ovviamente la previsione del numero uno dell'istituto di previdenza è legata all'effetto cumulato negli anni.

Secondo Boeri, inoltre, c'è un altro effetto collaterale derivante dai pensionamenti anticipati: il valore degli assegni sarebbero più basso, quindi «questo stop all'aumento progressivo dell'età pensionabile non è neanche nell'interesse dei lavoratori più deboli perché col sistema contributivo più si lavora, più i trattamenti aumentano». Insomma, disaccoppiare l'accesso alla possibilità di ritirarsi dall'aspettativa di vita sarebbe doppiamente sconveniente. E poi, ha concluso, se si vive più a lungo, « giusto anche che si contribuisca più a lungo, altrimenti il sistema non riesce a reggere».

Questa nuova presa di posizione ha particolarmente irritato i sindacati che vogliono riportare la materia previdenziale sotto l'ala della «discrezionalità politica» (per usare le parole della Rgs). «È un intervento da cartellino rosso perché non spetta alla Ragioneria intervenire su questi argomenti, frutto del confronto tra governo e sindacati», ha commentato Domenico Proietti, segretario confederale Uil. Analoghe valutazioni sono state espresse anche dalla Cgil («insopportabile») e dalla Cisl («un consiglio che le volpi possono dare alle galline per vivere più a lungo»).

Un treno al quale si sono accodati anche Giovanni Paglia (Si) secondo cui «la Ragioneria ci dichiara prigionieri della Bce») e il capogruppo leghista alla Camera, Massimiliano Fedriga, che si è già portato avanti. «Con la Lega al governo Boeri andrà a casa», ha detto.

Eppure basta guardare ai dati del Def per comprendere come la previdenza non sia un fronte da sguarnire di truppe. Nel periodo 2017-2020, segnala il Centro studi di Unimpresa, lo Stato investirà più nelle pensioni e meno nelle cure mediche. Aumenterà di oltre 26 miliardi di euro la spesa per gli assegni pensionistici e crescerà di 8 miliardi anche la spesa per le prestazioni sociali. Più contenuto, invece, l'aumento delle uscite per la sanità che saliranno di 6 miliardi e rispetto al Pil si ridurranno progressivamente: dal 6,7% del 2016 al 6,4% del 2020. Il totale degli assegni pensionistici passerà dai 261 miliardi del 2016 ai 287 miliardi del 2020 (+10%), le prestazioni sociali passeranno da 76 miliardi a 84 miliardi (+11%), mentre le spese sanitarie cresceranno da 112 miliardi a 118 miliardi (+5,4%).

La dinamica crescente della spesa per le pensioni, purtroppo, non desta i necessari timori.

Commenti