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Pensioni, il premier illude: «Sì alla flessibilità in uscita»

Così Renzi smentisce Padoan e snobba gli esodati Riforme, si riapre lo scontro con la minoranza Pd

Pensioni, il premier illude: «Sì alla flessibilità in uscita»

Sembrava una questione chiusa, o quantomeno accantonata: lo aveva detto il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan, sottolineando che «introdurre maggiore flessibilità» nel sistema previdenziale «comporterebbe oneri rilevanti». Lo aveva fatto capire anche il braccio destro del premier, Luca Lotti, rinviando al 2018 un futuro intervento sulle pensioni.

Invece ieri Matteo Renzi ha riaperto a sorpresa la vicenda, scegliendo di rispondere alla lettera di un lettore dell' Unità che la sollevava: «Ho chiesto ai ministri Padoan e Poletti di individuare un meccanismo per consentire più flessibilità in uscita. Spero che riusciremo a trovare un primo rimedio già con la Stabilità», scrive il presidente del Consiglio. Aggiungendo, con riferimento alla questione esodati, che «non posso rispondere delle scelte del passato sulle pensioni, alcune delle quali hanno provocato più costi che risparmi». Un'apertura non nuova, visto che già un paio di settimane fa, partecipando a Porta a porta , aveva spiegato di auspicare che sulla flessibilità previdenziale «spero si possa fare qualcosa nelle prossime settimane o mesi», a patto che la modifica sia «a somma zero per lo Stato».

Padoan invita alla cautela ricordando che «la questione va rivista nel complesso» e che «i principi fondamentali del sistema pensionistico italiano, stabile e solido, vanno preservati». Ma le parole del premier vengono sottolineate dal plauso di Cesare Damiano: «È una buona notizia che ci fa tornare sulla strada giusta», dice il presidente Pd della Commissione Lavoro. «Ovviamente serve un'intesa forte nel governo, e bene ha fatto Renzi a coinvolgere Poletti e Padoan, che si è mostrato più restio. Ma la parola del premier è forte e apre una strada: in commissione siamo già pronti, c'è una proposta a firma mia e di Pierpaolo Baretta sull'uscita a 62 anni e sono pronto a dimostrare che nel medio-lungo periodo non ci sarebbero problemi di costi».

Si riaccende invece la polemica sulle riforme nel Pd. Pier Luigi Bersani, evidentemente preoccupato di perdere definitivamente il controllo della minoranza, fa dietro front e cambia le carte in tavola: non solo il Senato «deve essere elettivo» ma ora dice che bisogna pure rivedere i numeri non solo dei senatori ma anche dei deputati. E sulla sua ennesima giravolta si abbatte l'ira dei renziani, che vedevano l'intesa vicina: «Affermazioni sinceramente incomprensibili», dice Debora Serracchiani. «Alzare continuamente la posta può essere una buona tattica a poker, ma sulle riforme è sconcertante». Categorica la Boschi: «No ai veti.

Siamo disponibili a discutere ma non se c'è la tentazione di ricominciare tutto daccapo».

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