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Berlusconi serra le file. E sulla legge elettorale c'è tensione col premier

Il Cav non chiude alle modifiche proposte da Renzi, ma avverte: "Ogni evenutale cambiamento va discusso"

Berlusconi serra le file. E sulla legge elettorale c'è tensione col premier

G iura di non avere alcuna intenzione di «lasciare il campo» o «uscire di scena», rassicura sulle «maldicenze» apparse sui giornali circa il destino di Forza Italia, ripete che la sua intenzione non è «rottamare» ma «rilanciare» il partito e cita Plutarco per dire che «le guerre si vincono con le lance dei giovani ma anche con la saggezza dei vecchi». Soprattutto, però, Silvio Berlusconi sembra ammorbidire la sua posizione su una possibile modifica alla legge elettorale, magari spostando il premio di maggioranza dalla coalizione alla lista proprio come chiesto da Matteo Renzi.

Non è un'apertura, certo. Ma neanche la chiusura netta che molti si aspettavano. Forse perché – è la convinzione di Berlusconi che per quasi due ore parla davanti ai senatori di Forza Italia riuniti a Palazzo Giustiniani – Renzi ragiona ormai su un orizzonte di legislatura. «Durante le nostre ripetute riunioni – spiega – mi sono convinto che il premier immagini le elezioni alla scadenza naturale, nel 2018. E per allora abbiamo tutto il tempo per riorganizzarci e tornare a vincere». Anche se, certo, nelle sue conversazioni private il leader di Forza Italia non esclude che Renzi possa essere tentato dallo show down già in primavera, tanto che quando Augusto Minzolini prende la parola proprio per illustrare un simile scenario Berlusconi non fa una piega.

È in questo quadro, quindi, che arriva l'ammorbidimento sulla proposta di modifica dell'Italicum. A differenza di quanto sembrava sulle prime, a sentire il resoconto di diversi senatori presenti Berlusconi non arriva affatto a bocciare la proposta di Renzi ma si limita a dire che «non si possono accettare aprioristicamente modifiche a un testo già concordato» e che «fa parte di un pacchetto di riforme più ampie». L'accordo, insomma, «è quello del Nazareno e ogni eventuale cambiamento va discusso». Già, perché se da una parte Berlusconi è affascinato dall'idea di spostare il premio di maggioranza sulla lista così da favorire nei fatti l'avvento in Italia del bipartitismo, dall'altra si rende conto che non ha torto Denis Verdini quando lo invita a riflettere sull'enorme vantaggio che ne trarrebbe Renzi. Non è un caso, dunque, che il presidente dei senatori azzurri Paolo Romani si dica «assolutamente contrario» alla proposta di attribuire il premio di maggioranza alla lista. A pensare si debba andare al voto con il Consultellum è invece Minzolini, convintissimo che quella di Renzi sia una «manovra elettorale» e che il premier voglia votare in primavera. Per questo il senatore azzurro teorizza si debba prendere tempo, così da restare con il proporzionale puro con preferenza (e senza premio di maggioranza) prodotto dalla sentenza della Consulta che ha abrogato il Porcellum.

Una partita, insomma, ancora aperta. E della quale dovranno occuparsi personalmente Berlusconi e Renzi in un faccia a faccia che potrebbe arrivare a giorni. E che nelle ultime ore avrebbe chiesto con insistenza proprio il leader del Pd che fino a ieri era convinto che l'ex premier fosse molto più aperturista sul concedere il premio di maggioranza alla lista e non alla coalizione. Scenario che attrae un Berlusconi che è poi costretto però a fare i conti con la realtà, a partire dal fatto che Forza Italia e Lega difficilmente potrebbero fare una lista unica (mentre correre in coalizione insieme sì).

Di qui la tensione con Renzi, con il premier deciso a «chiedere e ottenere chiarimenti» al più presto.

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