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«Perché sono in cella?» Il marocchino sospettato e il giallo del passaporto

Primo interrogatorio per il giovane Touil, 22 anni «È un errore, non mi consegnerò alla Tunisia»

«Perché sono in cella?» Il marocchino sospettato e il giallo del passaporto

«Sono innocente, non ho fatto nulla. Perché mi trovo in carcere?» va ripetendo Abdel Majid Touil, il marocchino accusato dalla procura di Tunisi di essere coinvolto nell'attentato del museo del Bardo. Il 18 marzo si trovava in Italia, da clandestino, con un decreto di espulsione del questore di Agrigento. Un mese prima era arrivato a Porto Empedocle a bordo di un barcone proveniente dalla Libia.

I tunisini, però, non lo accusano di essere stato un membro del commando, ma di «aver partecipato indirettamente» all'attacco che è costato la vita a 21 turisti occidentali, compresi 4 italiani e un poliziotto. La conferma è arrivata ieri da Mohamed Ali Laroui, portavoce del ministero dell'Interno tunisino, che annuncia: «Le nostre autorità hanno già inoltrato la richiesta di estradizione». Sul ruolo del presunto terrorista Laroui non fornisce dettagli, ma spiega che l'arrestato avrebbe fornito «appoggio logistico» alla rete del Bardo. Per l'attentato sono ancora ricercati due stranieri: un altro marocchino e un algerino. Uno di questi dovrebbe essere il misterioso Othmane, che era in contatto con il ragazzo di 22 anni finito in manette nel milanese tre giorni fa. Il gruppo di appoggio avrebbe trasportato le armi, probabilmente dalla Libia oppure documenti. Gli stessi o un'altra cellula hanno fatto da osservatori sugli arrivi dei turisti in crociera a Tunisi. La procura di Roma, che ha aperto un fascicolo per le quattro vittime italiane della strage, sta indagando su Touil e sul suo presunto coinvolgimento.

L'attenzione degli investigatori si sta focalizzando anche sulla denuncia di smarrimento del passaporto del giovane marocchino presentata dalla madre velata il 14 aprile, meno di un mese dopo la strage del Bardo. Fatima Touil sostiene che suo figlio, il 18 marzo, giorno dell'attentato a Tunisi, «era con me sul divano». E aggiunge: «Non è mai stato d'accordo con la guerra santa o la lotta armata».

Il ragazzo è sbarcato il 17 febbraio a Porto Empedocle apparentemente senza documenti. In Tunisia, secondo la stampa marocchina, era arrivato in volo da Casablanca. Nonostante in Italia non avesse i soldi neppure per le sigarette secondo una sua compagna di scuola. All'aeroporto di Tunisi deve aver esibito il passaporto. Dalla Libia sarebbe partito senza il documento, che potrebbe aver venduto alla rete del Bardo. Il terzo uomo del commando, Maher Ben Mouldi Gaidi, è ancora latitante.

Tutte ipotesi che verranno confermate solo dalle prove che la procura di Tunisi deve inviare in Italia per ottenere l'estradizione. I tunisini hanno 40 giorni di tempo e poi ci potrebbero volere tre mesi per una decisione finale da parte della magistratura e del ministero della Giustizia italiani.

Nell'udienza di ieri mattina a San Vittore il marocchino ha ovviamente respinto l'estradizione e si è proclamato innocente sostenendo di essere sempre stato in Italia dal suo arrivo come clandestino «per ricongiungersi alla famiglia» nel milanese. L'udienza dietro le sbarre è durata un paio d'ore. Poi il marocchino è stato trasferito nel carcere di Opera in una cella di massima sicurezza. «Sta bene compatibilmente con la situazione. Come starei io se fossi portata in carcere e accusata di terrorismo internazionale» ha dichiarato Silvia Fiorentino, l'avvocato difensore. Lo stesso legale ha confermato che al momento non «è emersa» un'ipotesi di scambio di persona, come aveva sparato giovedì un giornale on line tunisino.

Il procuratore aggiunto di Roma, Franco Ionta, sostiene che il giovane marocchino avrebbe dovuto essere «sufficientemente monitorato». Pur «essendo difficile - secondo il magistrato - fare automatismi fra immigrazione terrorismo non si può escludere la possibilità di un ingresso fraudolento e clandestino ai fini terroristici».

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