Politica

Perché la Turchia di Erdogan non può entrare nell'Ue

Prigioni affollate di avversari politici e giornalisti, e ora anche le spose bambine

Erdoğan parla alla Camera del turismo di Ankara
Erdoğan parla alla Camera del turismo di Ankara

«Siamo uno Stato di diritto», afferma il presidente turco Recep Tayyip Erdogan mentre le prigioni del suo Paese sono affollate da migliaia di magistrati, politici e docenti universitari epurati e privati della libertà personale «nell'interesse dello Stato» insieme con gli ufficiali delle forze armate arrestati dopo il fallito golpe del luglio 2016. «La Turchia si sta stancando di essere tenuta sulla soglia dell'Europa», lamenta lo stesso Erdogan davanti al collega francese Emmanuel Macron che gli ha appena offerto, al posto di quell'adesione a pieno titolo che non può arrivare per evidenti incompatibilità politiche e culturali, il contentino di un partenariato per «ripensare a questa relazione non nel contesto del processo di integrazione, ma forse di una cooperazione, di una partnership con uno scopo».

Macron probabilmente pensava alla recente modifica di legge che permetterà in Turchia l'infamia dei matrimoni islamici con spose bambine (anche di 9 anni di età) con il riconoscimento dello Stato. Basterebbe questo, nel 2018 appena cominciato, per capire perché per la Turchia di Erdogan non può esserci posto in Europa.

Ma Macron, riferendosi a «recenti sviluppi e scelte» da parte turca, faceva certamente riferimento anche all'arresto di un giornalista francese in Turchia. Il tema della libertà di stampa e di espressione divide profondamente Ankara dall'Europa e l'episodio più emblematico di questa incompatibilità, soprattutto perché Erdogan non si rendeva conto che il suo comportamento era quello di un autocrate del Terzo mondo, è quello che ha visto protagonista lo stesso presidente turco e un giornalista francese durante la conferenza stampa congiunta con Macron a Parigi. Il giornalista di France 2 gli ha chiesto conto della presunta consegna di armi da parte di Ankara allo Stato islamico a gennaio del 2014, rivelata a maggio del 2015, con camion appartenenti ai servizi segreti turchi, ed Erdogan ha perso le staffe: «Parli come un terrorista del Feto (l'organizzazione guidata da Fethullah Gülen che Erdogan accusa di aver organizzato il fallito golpe, n.d.a.), dovresti imparare a non farlo», ha detto al cronista che ha obiettato «No, parlo come un giornalista». «Quando fai una domanda, stai attento su questo punto, e non usare parole di altri - ha insistito Erdogan -. Perché non chiedi agli Stati Uniti che hanno inviato in Siria 4mila camion di armi?».

È a questo punto il caso di ricordare che attualmente nelle carceri turche sono detenuti 168 giornalisti, un record mondiale. Erdogan lo considera normale, e a chi glielo ha contestato ha detto di aspettare i processi che li riguardano. «Vedrete allora quanti di loro si riveleranno essere dei terroristi».

A giudicarli, saranno però i magistrati da lui stesso nominati al posto di quelli non allineati e per questo sbattuti in galera come «golpisti».

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