Economia

Più mercato e grandi manager o gli stranieri si prendono tutto

Il capitalismo familiare funziona. Ma per salvarlo ci vogliono holding, trust e governance certe. E non basta la public company: serve il rispetto di tutti i soci

Più mercato e grandi manager o gli stranieri si prendono tutto

Più che la ragione poté l'amor: dieci anni fa, quando Leonardo Del Vecchio aveva deciso di affidare l'azienda a un manager esterno dedicandosi a fare l'azionista e anticipando anche i termini della spartizione della sua eredità, il caso Luxottica apparve come una lezione. La trasformazione in realtà della «successione perfetta». Ma i rapporti con la amatissima moglie Nicoletta Zampillo, complicati dalle aspettative dei sei figli di tre letti diversi, alla fine hanno prevalso anche sulle migliori intenzioni dell'ottantenne imprenditore veneto. Almeno Luxottica è quotata in Borsa e gli azionisti stanno facendo vedere i sorci verdi alla famiglia. Ma prendiamo il caso di Bernardo Caprotti, uno che ha inventato l'Esselunga quando le strade di Milano erano ancora una lunga teoria di botteghe alimentari. Un genio assoluto che però, a 89 anni, non riesce ancora a trovare una soluzione per il futuro: prima ha introdotto i figli, poi ci ha ripensato e, dopo una battaglia di carte bollate, li ha di nuovo estromessi. Che succederà di a Esselunga nel dopo Caprotti?

L'Italia è piena di imprese familiari - ossatura della sua economia più che in altri Paesi industrializzati - che non hanno ancora risolto il tema della successione. Ferrero, Armani, Esselunga, Benetton o la stessa Fininvest (che attraverso Mondadori controlla, tra l'altro, il 37% del Giornale ) per fare qualche nome. Il rischio è quello che è successo a un gruppo come Merloni - sopravvissuto al fondatore Aristide grazie alla sua lungimiranza e all'abilità del figlio Vittorio nel gestire l'azienda di elettrodomestici (oggi Indesit) - ma che proprio ieri è finito nelle mani degli americani di Whirlpool. L'arrivo di una multinazionale è dietro l'angolo per tutti. E non basta che la società sia quotata in Borsa, come appunto Luxottica, o che sia una pubblic company, come dimostra il caso Parmalat ai tempi della famiglia Tanzi. Allora, come salvare il capitalismo made in Italy, ora che arrivano gli immensi capitali di cinesi, brasiliani, indiani?

Per Antonio Majocchi, docente di International business all'Università di Pavia «serve un sistema-Paese per le società che si aprono al mercato. Viceversa dureranno poco». Per Majocchi il problema è il mercato: «In Italia è debole, le sue regole non vengono rispettate, mancano investitori istituzionali, le autorità di controllo non funzionano a dovere. È il frutto di un sistema che ha favorito l'investimento nel debito pubblico ai danni del resto del mercato finanziario». Né ha aiutato il sistema privato e laico di Enrico Cuccia e Mediobanca, che per 50 anni ha convinto i vari Agnelli, Pirelli, Pesenti, Orlando, De Benedetti che potevano continuare a comandare senza aprirsi più di tanto al mercato, attraverso partecipazioni incrociate e patti di sindacato.

Tecnicamente alcune soluzioni ante litteram , come quella studiata dagli Agnelli con la società in accomandita, funzionano: oggi la Fiat si chiama Fca, sta a Londra, è di diritto olandese e non si muove foglia che un manager come Sergio Marchionne non voglia, ma il controllo è saldamente nelle mani della famiglia guidata da John Elkann, erede designato in vita dall'Avvocato. Quindi: sterilizzare in una holding le quote di famiglia, che entrino nel capitale della società con un'unica voce. E, nello stesso tempo, dotare il gruppo di una governance che dia al top manager il reale potere di capo azienda.

Un tale meccanismo funziona e tutela gli azionisti terzi permettendo così lo sviluppo dell'azienda attraverso l'apertura del capitale. Se poi si punta alla Borsa, ancora meglio. E il meccanismo di cui sopra verrà giudicato dal mercato. Come sta avvenendo in queste ore per Luxottica.

Esistono poi innumerevoli strumenti legali, fiscali e societari (ne scrive per esempio in un recente saggio Egea, Francesco Nobili: «Continuità e crescita dell'impresa familiare») per preparare la successione. Le Fondazioni e i Trust, attraverso rigorosi statuti interni, schermano gli appettiti e gli interessi familiari da quelli della società.

Di sicuro il modello dell'impresa familiare non è da rottamare tout court . Anzi, in alcuni casi è dimostrato essere più efficiente di quello della pubblic company. Ma serve che l'imprenditore esca dai suoi panni di pioniere.

E si convinca che l'azienda potrà esistere anche senza di lui.

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