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Più vino, superalcolici e molta meno birra. Così gli americani tradiscono le "bionde"

Cambiano le abitudini dei consumatori: il Beer Institute registra lo storico sorpasso

Più vino, superalcolici e molta meno birra. Così gli americani tradiscono le "bionde"

Gli americani tradiscono le bionde. Attenzione però, in questo caso non si parla di fedeltà coniugale bensì di passione alcolica, visto che le bionde in questione sono le birre, messe sempre di più da parte a vantaggio di vino e liquori. E l'anno scorso, per la prima volta, è avvenuto il sorpasso. A fare i conti di pinte e boccali è il gruppo Beer Institute, secondo le cui statistiche i bevitori americani hanno scelto la birra solo nel 49,7% dei casi nel 2017, contro il 60,8% della metà degli anni Novanta. Un declino ancor più netto nella fascia di età tra i 21 e i 27 anni.

Anheuser-Busch InBev, proprietaria di Budweiser, ha rilevato da parte sua che nel 2016 solo il 43% di alcol consumato dai giovani era birra, mentre nel 2006 la percentuale era del 65%. E la società di ricerche IWSR ha stimato che il consumo pro capite di bionde negli Usa è sceso a 73,4 litri l'anno scorso, dagli 80,2 nel 2010 e 83,2 nel 2000. Ciò che è cambiato negli ultimi tempi, oltre ai gusti degli americani, è la «demografia del bancone». I giovani maschi bianchi scelgono ancora la birra, ma il loro numero è in calo come percentuale della popolazione a stelle e strisce. È aumentato invece il consumo di alcolici da parte delle donne, che però preferiscono il vino e i cocktail, e gli afroamericani amano i superalcolici. Poi ci sono i Millennials, che bevono meno delle generazioni più vecchie, ma avendo pochi soldi scelgono i superalcolici (si sballano più in fretta). Inoltre, sempre tra i giovani, e' aumentato il numero dei salutisti attenti dalla linea.

Mike Baker, 26 enne di Nashville, beve solo un paio di volte alla settimana, e solitamente sceglie un bourbon o al massimo una birra artigianale: «Molti miei amici sono molto attenti alla salute, e pensano che bere li faccia ingrassare», dice al Wall Street Journal. Brenden Kennedy, dirigente di 32 anni di New York, non ricorda l'ultima volta che ha bevuto una birra, e mentre i suoi genitori sono appassionati di Bud Light, lui predilige il prosecco. «Quando bevo birra mi sento pesante, mi sembrano calorie a vuoto - spiega - Poi il sapore non mi ha mai affascinato, non è sofisticato». Per recuperare il calo dei volumi, rivelano i dati del Bureau of Labor Statistics analizzati da Brewers Association, l'industria di settore ha aumentato i prezzi, contribuendo a rendere vino e whisky relativamente più convenienti. Se il costo delle bionde è aumentato del 42% tra il 2000 e il 2017, quello del vino ha registrato un più modesto +11%, e i superalcolici un +19%.

Uno dei pochi segnali positivi è stato il boom registrato dalle birre artigianali: nei quattro angoli del Paese è un proliferare di birrifici (Brewers) dove si possono degustare bionde, rosse e more di nicchia, le «craft beer». I volumi di consumo della birra artigianale, tuttavia, non sono riusciti a compensare il calo dei marchi più commerciali, e recentemente anche le loro vendite sono diminuite. E allora via alla diversificazione alcolica, come AB InBev, che ha acquistato una serie di piccoli marchi di gin, vodka e whisky, e una partecipazione in una casa vinicola californiana. Mentre Budweiser collabora con la distilleria del Kentucky Jim Beam, ed e' pronta a lanciare la Budweiser Reserve Copper Lager, invecchiata in doghe di barili di bourbon, che secondo Travis Moore, mastro birraio di St. Louis, punta a «traghettare verso la birra i bevitori di bourbon».

E per chi ama l'ebrezza, lo scorso autunno è arrivata sul mercato la 1933 Repeal Reserve Amber Lager, con una gradazione alcolica superiore, ma al punto giusto.

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