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Piano anti evasione: ora spunta l'ipotesi del condono fiscale

Per far quadrare i conti l'esecutivo studia una sanatoria sul rientro dei capitali e sul sommerso. I dissidi tra staff del premier e ministero

Tra martedì e mercoledì Montecitorio dovrà votare la legge sul rientro dei capitali. E non è escluso (anzi, è molto probabile) che la sanatoria verrà estesa anche a chi ha «prodotto» reddito sommerso in Italia. Nelle intenzioni del governo, il reo (va ricordato: evadere imponibile all'Erario o detenere capitali non denunciati è reato) potrebbe avere più tempo a disposizione per regolarizzare la propria posizione con il Fisco.

Il Mef e Palazzo Chigi, però, sono di fronte ad un bivio. Comprendere nel provvedimento anche una sanatoria penale (già presente, ma non così estesa), ed avere così garanzia del gettito atteso (2 miliardi). Oppure, ridurre questa garanzia penale e rischiare di non incassare i 2 miliardi di una tantum destinati - comunque - a frenare il deficit del 2015 sotto il tetto del 3%.

Nei corridoi del ministero il termine «condono» è considerato un sacrilegio. Ancora di più, viene vista l'ipotesi di «riprendere» lo schema di scudo fiscale, elaborato da Tremonti. Quello schema, però, funzionò proprio perché il contribuente che «scudava» i capitali detenuti all'estero aveva la garanzia dell'anonimato e una larga copertura penale.

Il meccanismo che stanno elaborando i tecnici dell'Economia introduce ampie garanzie penali, ma non abbastanza da convincere l'evasore a dichiararsi al Fisco. Con il rischio di un flop da un punto di vista del gettito.

Più laico l'atteggiamento di Palazzo Chigi. Fino al punto che qualche esperto economico del presidente del Consiglio comincia a ragionare che se la Commissione Ue respingerà la legge di Stabilità ed avvierà la procedura d'infrazione per l'Italia (per mancato rispetto del fiscal compact ), tanto vale superare il tetto del 3% di deficit. Come sta facendo la Francia. Così da avere le risorse necessarie per estendere la riduzione del cuneo fiscale a fasce più alte di reddito.

Dire che il confronto fra le due schiere di economisti sia serrato, è un eufemismo. Tant'è che allo stesso Renzi alcune soluzioni non vengono nemmeno avanzate. Per il rischio - dicono all'Economia con una battuta - che le condivida. O magari per rivalità con la Cassa depositi e prestiti.

Non si sa bene dove l'idea sia nata (se alla Cassa od al ministero), ma dalle parti di Via Venti Settembre si comincia a parlare dell'ipotesi che il gettito atteso dal rientro dei capitali (2 miliardi) non finisca nelle casse dello Stato, ma vada a riempire un Fondo pubblico destinato a finanziare gli investimenti o la ricapitalizzazione delle imprese. In tal modo, quelle risorse potrebbero diventare un volano per l'economia reale. Ma l'ipotesi, per il momento, resta nei cassetti e nessuno l'ha formalmente presentata al presidente del Consiglio.

Il caso sta a dimostrare come al ministero dell'Economia siano ancora fluttuanti le cifre della manovra economica per il 2015. Nei 23 miliardi sono certi solo i 10 derivanti dall'aumento del deficit (dal 2,2 tendenziale al 2,9 programmato). Il resto potrebbe arrivare da tagli più o meno orizzontali ai ministeri. Da risparmi (per un miliardo) dalla Sanità e da minori trasferimenti agli enti locali.

Mercoledì, però, la legge di Stabilità dovrà andare a Bruxelles.

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