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Il piano di Renzi per il ritorno: congresso Pd dopo le Europee

Ecco la strategia per ricandidarsi alla guida del partito: presentarsi come salvatore in caso di altro flop alle urne

Il piano di Renzi per il ritorno: congresso Pd dopo le Europee

Lo scontro sul congresso Pd si è ufficialmente aperto ieri. Il segretario pro-tempore Martina accelera e annuncia: «Si farà prima delle Europee». Nulla di nuovo: era la scadenza pianificata fin dall'Assemblea di luglio. Ma ora rischia di entrare in conflitto col piano di battaglia di chi vuol riportare Matteo Renzi alla guida del Pd.

Lui nega e si schermisce: «Fino al 2024 non sono spendibile», dice ai molti, tra i suoi, che ne sollecitano il ritorno in campo, da candidato segretario, al grido di «riprendiamoci il partito». Per evitare al Pd una deriva «corbynista» da tardo Pci, per fermare definitivamente quelle tentazioni mai sopite di dialogo con un presunto «grillismo buono». E anche per una ragione molto più concreta: prima o poi andranno fatte le liste elettorali per le politiche (e Renzi non perde occasione, negli ultimi giorni, per avvertire che la maggioranza gialloverde potrebbe implodere assai prima del previsto), e sarà chi guida il partito a deciderle. Se vincesse un Pd a guida Zingaretti, l'ala renziana sarebbe avviata all'estinzione. «Se si candidasse Matteo? Lo voterei subito», dice Maria Elena Boschi.

L'ex premier però liquida il pressing: «Ora non sono spendibile». È ancora lui, nonostante non sia più al governo da due anni e segretario da marzo, l'«uomo nero» contro cui si agita la propaganda grillina e leghista: dal bombardamento sul presunto «AirForceRenzi» alla frenesia di smontare le riforme del centrosinistra. Ma dietro i dinieghi, l'ipotesi esiste, eccome. Il prossimo congresso potrebbe diventare banco di prova cruciale per l'identità futura del Pd. In pista c'è già Nicola Zingaretti, presidente del Lazio e aspirante «rifondatore» di un centrosinistra «largo», ispirato all'Ulivo prodiano, pronto a recuperare i naufraghi della scissione di Leu, con una spruzzata di movimentismo che guarda al presunto grillismo «di sinistra» e ad esperienze come quelle di Corbyn in Gran Bretagna o di Podemos in Spagna.

Una prospettiva di «ritorno ai Ds» che fa orrore al Pd renziano. Ed è a quello che Renzi si riferiva quando ha convocato i suoi parlamentari a cena, il 26 luglio scorso: «Se non vinciamo noi, il Pd è morto», ha avvertito. Vincere, dunque. Ma come? Lo spiega un dirigente di rango assai vicino all'ex premier: «Renzi resta il protagonista del Pd. Alla Leopolda di ottobre lancerà la sua idea di andare oltre il Pd: non un altro partito, ma un Pd più largo e aperto a chi, in Europa, ha chiara l'urgenza di contrapporsi alla crisi della democrazia liberale». Se il congresso si terrà prima delle Europee, aggiunge, «Matteo non si candiderà». Ma se si riuscirà a farlo slittare, «è convinto che in questa fase non esista un leader alternativo a lui».

Il piano, dunque è questo: far passare le Europee, che probabilmente coglieranno il Pd ancora in discesa. A quel punto, il 18,7% del 4 marzo susciterà rimpianto e nostalgia e aprirà la strada al ritorno renziano. La candidatura a segretario «è un'ipotesi da non escludere», conferma il deputato renziano del Lazio Luciano Nobili. «Soprattutto se - come è possibile - il congresso slitterà a dopo le Europee». Per questo l'uscita di Martina, ieri, è stata letta da molti come un tentativo di fermare questo scadenzario. «Spero che si candidi, anche se si va prima delle Europee», incalza il luogotenente renziano in Sicilia, Davide Faraone.

E anche Zingaretti è convinto che, alla fine, il match sarà tra lui e l'ex premier: «Renzi si sta preparando alla candidatura», confida agli amici.

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