Politica

Il pilota-kamikaze non ci toglierà il dono della fiducia

Dallo schianto dell'Airbus emerge la verità enunciata senza giri di parole da Piero Ostellino: l'uomo è il pericolo pubblico numero uno. Del resto, su questa considerazione è nato lo Stato: per difendere gli uomini, e specialmente i più deboli, dai lupi. Homo homini lupus .

Ne risale però un'altra di verità. Ed è che la nostra vita quotidiana si regge sulla fiducia. Noi vivendo accettiamo il rischio di riporla male, ma senza confidare nell'altro, nel suo desiderio di corrispondere a un'attesa di bene con un bene, non sarebbe possibile neppure accettare una sigaretta, pardon (adesso non si può, sarebbe apologia di reato) un caffè. La nostra giornata, anche (...)

(...) se ci svegliamo male e siamo diffidenti per natura, è intrisa di questo sentimento positivo. Non pensiamo che il panettiere avveleni la brioche, a mensa il risotto siamo sicuri che, ancorché maledettamente crudo, non sia cosparso di stricnina. La vita è fatta dalla certezza morale della benevolenza reciproca tra le persone.

Questo sentimento io credo debba riuscire rafforzato dalla scoperta dei particolari nefasti che l'hanno anticipata e consentita. Scopriamo che non necessariamente il male è tenuto a bada grazie alla paura della sanzione. Questo riguarda solo chi della sanzione ha paura. Chi vuole la morte di sé e degli altri: contro Sansone che decide di morire con tutti i filistei, contro i kamikaze non possiamo farci nulla. Negli ultimi anni della sua vita, conobbi Gianfranco Bertoli, il terrorista spietato che uccise gente innocente alla Questura di Milano con una bomba. Era travolto dal pentimento. Aveva scoperto che esiste il rispetto della vita altrui: troppo tardi però. Mi assicurò che era certo di morire, si era cambiato le mutande per essere trovato pulito una volta che fosse stato linciato. Obbediva alla teoria dell'anarchia estrema, secondo cui non c'è nessun innocente, perché tutti, anche i bambini, tollerano l'oppressione di Dio e dello Stato. Che ci fai con gente così?

Vivere nella diffidenza non serve, fa vivere solo male, non garantisce dalla morte. Ti chiudi in casa? Anche l'acqua del rubinetto potrebbe essere radioattiva. Guidi da te l'aereo? Potrebbero averti sabotato il motore. È falso anche il principio, se inteso in senso utilitaristico, del «male non fare, paura non avere». Che male avevano fatto quei centoquarantanove dell'Airbus?

Ripartiamo da un'altra considerazione. Dal dire grazie. Tu che mi leggi in fondo un po' di stima e di fiducia ce l'hai in me, ce l'hai in questo giornale. Grazie. Il mattino con la sua luce confidente e la bottiglia del latte messa lì con cura sull'uscio o versato nella tazzina dalla mamma e dalla tua sposa, dice di più la verità sul mondo e sulla vita, nei milioni di volte che si ripete, dovunque nel mondo, del gesto infame dell'assassino.

Mi rendo conto: può essere presa per la morale del coglione, di chi si mette gli occhiali azzurrini di Polyanna. Mi ribello con forza a dipingere tutto questo come buonismo. È realismo puro e semplice. È anche l'unica possibilità di vivere con rispetto e decenza. La fiducia è la prima esperienza di cui neppure ci ricordiamo: siamo stati chiamati per nome e baciati da nostra madre, la verità è sempre nell'origine. Anche la statistica dice che la fiducia è meglio: ogni quante volte incontri un tale che ti vuole uccidere, fregandosene di punizioni perché adora la sua e tua morte? Se l'avessi già incontrato non saresti qui a dire che questo articolo è stato scritto da uno stupido ingenuo ed ottimista.

Dalla vicenda di quel pilota assassino e suicida il male si raccoglie a secchi. L'invito ovvio che ne viene è, per quanto riguarda lo Stato, al costruire palizzate che siano difficili da scavalcare anche per il diavolo. Invece i singoli sono richiamati alla prudenza. Giusto. Ma la faccenda più evidente è che non esiste la sicurezza assoluta. I metal detector e gli strumenti di radiografia sofisticatissimi degli aeroporti, la lettura di mail ed sms da parte dei servizi segreti, non decifrano l'imprevedibile.

La nostra vita - tutta - non è basata sul realizzarsi di previsioni, ma sull'accadere di qualcosa che non era racchiuso nelle premesse chimico-fisiche-sociologiche. C'è il mistero della libertà umana. Di certo tutto questo ci impone il dovere morale di aprire gli occhi. E cosa vedono questi nostri occhi, se dovessimo nascere oggi? La realtà ci viene incontro come qualcosa che non abbiamo voluto noi, gli altri non li abbiamo creati noi e i bambini sanno che non sono sempre l'inferno, come sosteneva Sartre, ma solo qualche volta. Non siamo stati noi a inventare lo sguardo affettuoso e ridente di una donna, e il ghigno di un criminale. Valorizzando e amando quegli sguardi di vicinanza e di comunanza di destino, credo possiamo combattere meglio quell'altro imprevisto. Quello criminale.

E se ci dovesse capitare di essere tra le prossime 150 vittime innocenti, saremmo almeno ricordati da persone che abbiamo amato e che ci hanno amato come persone aperte alla luce, e non come individui odiosi perché inutilmente sfiduciati e diffidenti.

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