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Pisapia in cerca di leader: Prodi dice no. E Matteo lo snobba per Vasco Rossi

Il segretario non sarà alla manifestazione dell'ex sindaco il 1º luglio

Pisapia in cerca di leader: Prodi dice no. E Matteo lo snobba per Vasco Rossi

Roma - Stamane l'aula del Senato voterà la fiducia sulla cosiddetta «manovrina» di aggiustamento dei conti.

Si tratta del provvedimento con cui il governo Gentiloni ha reintrodotto i voucher, dopo la soppressione forzata per evitare il referendum Cgil, e quindi un pezzo di maggioranza (ossia i bersanian-dalemiani di Mdp) non voterà la fiducia. Sulla carta, è una rottura della maggioranza che - visti i numeri precari del Senato - potrebbe far saltare l'esecutivo. La realtà, però, è assai meno emozionante: il gruppetto dei fuoriusciti Pd non ha alcuna intenzione di mettere a rischio il governo e, con esso, la propria poltrona. Ergo, prima di annunciare che sarebbero usciti dall'Aula (abbassando quindi il quorum per la fiducia), i bersaniani si sono assicurati la collaborazione di svariati senatori del centrodestra, che faranno altrettanto per evitare incidenti non graditi. Dunque ieri nel gruppo Pd del Senato si respirava una relativa tranquillità.

Meno serena è l'aria attorno ad un altro provvedimento che domani arriverà in Aula, lo ius soli. Il Pd vorrebbe mandarlo avanti è c'è chi, come Matteo Orfini, invita addirittura a metterci sopra la fiducia. Il centrodestra e anche i Cinque Stelle, ormai accodati alle posizioni della destra sul tema immigrazione, promettono però le barricate. «Del resto, sui diritti i grillini hanno sempre detto no», ricorda Matteo Renzi.

Lo ius soli è uno dei temi che il Pd intende usare per non lasciare argomenti polemici a chi, alla sua sinistra, sta muovendosi per organizzare nuovi contenitori politici. I rapporti con Giuliano Pisapia restano confusi, con l'ex sindaco di Milano ostaggio dei rancori anti-renziani di personaggi come Bersani e D'Alema e delle infinite divisioni dei vari partitini di sinistra. Pisapia ha tentato di farsi dare una copertura «ulivista» (alquanto vintage) da Romano Prodi, ma ieri l'ex premier si è sfilato, facendo capire che non intende essere il nume tutelare della manifestazione del 1 luglio indetta dall'ex sindaco a piazza Santi Apostoli: «Sono un pensionato. E non farò il premier», aggiunge respingendo la bislacca offerta di Pisapia. Insomma, Prodi - nonostante la sua avversione per Renzi, che non lo aiutò per il Quirinale - non scende direttamente in campo contro il leader Pd. Il quale, del resto, è convinto che Pisapia & Company col Pd dovranno venire a patti, visto che la legge elettorale vigente, e con la quale si andrà con ogni probabilità al voto, prevede al Senato la proibitiva soglia dell'8% per chi va da solo. Mentre se ci si allea con un altro partito, la soglia si abbassa ad un più potabile 3%. Essere tagliati fuori dal Senato vuol dire essere condannati all'irrilevanza politica, dunque - pensano al Nazareno - Pisapia ha più di una ragione per liberarsi di D'Alema e compagni e trattare con il Partito Democratico. «Le alleanze si fanno sui contenuti, non sui nomi - dice Renzi - Una parte del centrosinistra deve capire che l'avversario da battere è il populismo di Salvini e Grillo e non il Pd».

E alla manifestazione di Pisapia fa sapere di preferire il concerto di Vasco Rossi.

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