Politica

Quel pizzino via «Fatto» a Cantone

di Felice Manti

L'inchiesta sulla Consip che turba i sonni di Tiziano Renzi ha sfiorato anche il presidente dell'Anticorruzione Raffaele Cantone, scelto dall'ex premier Matteo Renzi come simbolo dell'Italia pulita, tanto da averlo portato con sé alla Casa Bianca da Barack Obama. Tutta «colpa» del fratello Bruno, consulente legale di alcune delle aziende finite nel tritacarne dell'inchiesta della Procura di Napoli. I due fratelli sono stati sentiti nei giorni scorsi dai pm che indagano sulla maxicommessa da oltre 2 miliardi e la circostanza non è certo sfuggita a un importante magistrato che da mesi conduce una battaglia personale contro Cantone. E così Carla Raineri, magistrato milanese per pochi giorni capo di gabinetto del sindaco Virginia Raggi fino al licenziamento su pressing dello stesso Cantone per questioni legate al suo stipendio, ha preso carta e penna e ha scritto al Fatto.

Il giornale diretto da Marco Travaglio, che nei giorni scorsi ha dato notizia del coinvolgimento dei due Cantone nell'indagine, ha deciso però di pubblicare l'intervento della Raineri nelle lettere. Colpa forse

della staffilata velenosa che

la Raineri ha riservato a Cantone, chiamato in causa per aver commesso il peggiore dei peccati per i manettari: «Mi auguro che Cantone rifletta anche sui possibili conflitti d'interesse di suo fratello Bruno», colpevole di assistere la Global service di Alfredo Romeo su cui lo stesso Cantone - in quanto azienda che partecipa a un bando pubblico - avrebbe dovuto vigilare. Insomma, la toga cacciata dalla giunta - peraltro con un post della Raggi su Facebook, come ha anche rimarcato la Raineri nella lettera al Fatto - si vendica del responsabile del suo licenziamento, prima rinfacciandogli il provvedimento della Corte dei Conti che ha dato torto all'Anac, poi accusando di fatto Cantone di non aver vigilato sull'appalto da 2 e rotti miliardi che avrebbe fruttato tangenti e prebende - forse anche al papà di Renzi - sempre secondo i magistrati napoletani - perché uno dei soggetti coinvolti era legato al fratello dello stesso Cantone. Strano che il Fatto quotidiano abbia pensato di «nascondere» nella pagina delle lettere quella che sembra una guerra senza esclusioni di colpi tra toghe «renziane» come Cantone e toghe «grilline» come la Raineri.

O forse no.

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