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"Pluralismo latitante in viale Mazzini Mi sembra di vedere tele Veltroni"

Il senatore azzurro: «Mandato via Porro, l'emittente è a senso unico»

"Pluralismo latitante in viale Mazzini Mi sembra di vedere tele Veltroni"

Roma Anche in commissione di Vigilanza ieri si è discusso degli scarsi risultati di Fazio con la trasmissione Che tempo che fa (la domenica in prima serata su Rai Uno). Il nuovo direttore generale della Rai, Mario Orfeo, si è affrettato a dire che almeno la raccolta pubblicitaria in questi ultimi mesi ha tenuto. Era evidente però a tutti, da Michele Anzaldi (Pd) a Maurizio Gasparri (Fi), la débâcle di Fazio, dopo il suo trasloco da Raitre alla rete ammiraglia. E proprio questi scarsi risultati portano Gasparri a considerazioni ancor più puntute sull'improvvido trasferimento del programma su Rai Uno.

Che idea si è fatto del programma?

«I bilanci li faremo più in là. Adesso è il momento di fare considerazioni sulle strategie Rai e sul palinsesto».

Non dovevano portare Fazio su Rai Uno?

«La domenica e il lunedì erano le giornate dedicate alla fiction. Con share di media sul 20%. Con punte anche del 27% per sceneggiati molto popolari. E quando andava male si arrivava al 18%. La trasmissione di Fazio invece non arriva nemmeno al 14%, secondo le ultime rilevazioni Auditel».

La Rai prova a difendersi dicendo che la singola puntata di «Che tempo che fa» costa mediamente sui 400mila euro. Meno quindi di una singola puntata di una fiction.

«Bisogna però tenere conto che una fiction è un investimento. Anche per la Rai. Può venderla all'estero. E può pure rimandarla in onda su altra rete in altro orario. Cosa impossibile per un programma di stretta attualità come quello di Fazio».

Quindi è soprattutto una questione di soldi.

«Prima di tutto è una questione di scelte strategiche. Una scelta non soltanto sbagliata perché il programma non ottiene gli stessi ascolti delle fiction, ma anche perché cannibalizza Raitre».

In che senso?

«Il pubblico che seguiva Fazio sul Tre ha traslocato, ma questo ha abbassato ulteriormente lo share del terzo canale passato dal 14 al 5%.

La Rai anche sugli ascolti della prima serata domenicale offre cifre per loro confortanti. Dicono che rispetto all'anno passato il primetime domenicale di Rai 1 è salito dell'1,83%.

«Se vanno indietro nel tempo troveranno anche cifre più confortanti. Fanno come certi politici che per spiegare il tracollo al voto si mettono a confrontarli con sconfitte ancor più sonore per trovare un miglioramento».

E dal punto di vista dei contenuti cosa ne pensa?

«Registro con piacere che per domenica prossima ha invitato Silvio Berlusconi. Magari proprio per rialzare lo share».

Ritiene che non sia abbastanza pluralista?

«Questo è un eufemismo. Il pluralismo latita da tempo. Almeno da quando hanno chiuso la trasmissione di Nicola Porro. Ma è una cosa che porteremo in Vigilanza».

Con quali argomentazioni?

«Semplice. La Rai ha ottenuto ultimamente tre grandi vantaggi. Il primo è il canone nella bolletta. Cosa che garantisce il gettito. Il secondo è una deroga, grazie a un articolo nella legge di Stabilità, per muoversi con agilità nel mercato, pur trattandosi di azienda pubblica. E poi c'è il rinnovo decennale della concessione. A fronte di tutto questo deve dare la garanzia di essere la casa di tutti gli italiani».

E non lo è?

«A me sembra la casa di Veltroni. C'è sempre lui in tv. Con la scusa del libro quest'anno. E l'anno passato con un programma che ha toccato solo il 10% di share.

Chissà, poi, quanto è costato».

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