Il pm Di Matteo attacca Renzi, Napolitano e Berlusconi
20 Luglio 2014 - 12:21Il pm Di Matteo punta il dito contro il Presidente della Repubblica, che "condiziona il Csm", e contro il capo del governo, che tratta con Berlusconi per le riforme
Dovea essere "il giorno della memoria", nel ricordo della strage di via D'Amelio, avvenuta il 19 luglio di 22 anni fa. Ma è diventato il giorno dello scontro, l'ennesimo scontro tra magistratura e politica. Grande protagonista il pm Nino Di Matteo, "mente storica" dell’inchiesta sulla trattativa Stato-mafia, che ha preso di mira il presidente della Repubblica e il presidente del Consiglio Matteo Renzi. Ma vediamo subito le accuse, in primo luogo quella a Napolitano. "Non si può assistere in silenzio - ha detto il pm - al tentativo di trasformare il pm in un burocrate sottoposto alla volontà del proprio capo, di quei dirigenti sempre più spesso nominati da un Csm che rischia di essere schiacciato e condizionato dalle pretese correntizie e da indicazioni sempre più stringenti del suo Presidente". Poi la staffilata a Renzi (e indirettamente anche a Berlusconi): "Oggi un esponente politico, dopo essere stato definitivamente condannato per gravi reati, discute, con il Presidente del Consiglio in carica di riformare la legge elettorale e quella Costituzione alla quale Paolo Borsellino aveva giurato quella fedeltà che ha osservato fino all’ultimo suo respiro".
Alle durissime parole pronunciate dal magistrato arrivano a stretto giro le repliche del centrodestra. Luca d’Alessandro (FI) definisce il pm palermitano "esempio della parte peggiore della magistratura, che approfitta di ogni occasione per svolgere un ruolo politico", e Fabrizio Cicchitto (Ncd) che definisce Di Matteo "un mediocre imitatore di Ingroia. È inquietante che un tipo del genere abbia per le mani indagini delicatissime e ovviamente uno dei suoi scopi è quello di andare addosso al Presidente della Repubblica". Molto duro anche Andrea Mazziotti, di Scelta Civica, che invita il pm a indagare "seriamente e in silenzio".
Via D’Amelio, poco prima che Di Matteo intervenisse, è stata anche teatro di un abbraccio. L’abbraccio ostentato, che ha stretto Massimo Ciancimino, imputato di mafia e figlio di un mafioso di rango, e Salvatore Borsellino, fratello del magistrato assassinato. Due persone con storie distanti anni luce che si ritrovano vicine da quando Ciancimino jr ha cominciato a raccontare i segreti del padre, don Vito, le sue relazioni con pezzi delle istituzioni e delle forze dell’ordine e il suo ruolo nella cosiddetta trattativa Stato-mafia. "Sono uno dei pochi che ha il coraggio di venire qui", ha detto il testimone-imputato mostrando il braccio con tatuata la data del 19 luglio 1992, quando alle 16:58 un’autobomba imbottita di tritolo uccise Borsellino e gli agenti della sua scorta. E la presenza del figlio di don Vito non imbarazza nemmeno gli esponenti del movimento "Agende Rosse" che - rivelano senza esitazione - da Ciancimino jr hanno anche avuto una donazione in denaro.
L’organizzazione è stata molto più severa, invece, con gli esponenti delle istituzioni, invitati anche quest’anno a disertare le cerimonie. La presidente dell’Antimafia, Rosy Bindi, però si è presentata in via D’Amelio (il capo della polizia Pansa aveva ricordato le vittime deponendo una corona alla caserma Lungaro). Ma quelli delle 538em;">Agende Rosse l'hanno contestato voltandole le spalle e alzando il simbolo del diario scomparso di Borsellino.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.