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Il premier e la sindrome del cuoco di bordo

Dopo il tornado-Trump, Renzi cerca ora di puntellare una campagna referendaria che da «nì» sta diventando No cavalcando l'ondata dell'antieuropeismo

Il premier e la sindrome del cuoco di bordo

Dopo il tornado-Trump, Renzi cerca ora di puntellare una campagna referendaria che da «nì» sta diventando No cavalcando l'ondata dell'antieuropeismo. Se solo qualche mese fa, in estate, aveva celebrato a Ventotene l'ideale dell'Europa unita personificata nella figura di Altiero Spinelli, ora il giovane Matteo ha, addirittura, fatto togliere dal suo ufficio la bandiera con le stelle della Ue. È vero che, dopo lo «strappo» di qualche giorno fa, ci sono stati segnali di disgelo sulla legge di Stabilità tra il premier e il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, con una telefonata di chiarimento tra i due, ma la tregua sembra, comunque, di breve durata.

Juncker è inviso perché è apparso sempre pronto a bocciare le nostre richieste di una maggiore flessibilità di bilancio e, al contrario, a condividere le tesi di Frau Merkel, la maggiore antagonista nel vecchio continente per noi. La verità è che il lussemburghese - a differenza di un suo connazionale, il ciclista Charlie Gaul, grande scalatore degli anni sessanta - non ama proprio la montagna del debito pubblico, soprattutto quello del Belpaese che ha raggiunto vette altissime come dimostra lo spread che, in questi giorni, è schizzato verso l'alto. Logico, quindi, che, all'ennesima richiesta di Renzi di chiudere un occhio sulla nuova legge di Stabilità, Juncker avesse allargato le pupille: fino a prova contraria, i debiti li abbiamo fatti noi e nessuno ci obbliga a restare nel club europeo perché possiamo sempre imitare gli inglesi.

A discarico del nostro governo, ci sono stati, è vero, i terremoti del Centro Italia che stanno gonfiando la spesa pubblica. Resta però il fatto che nel 2016 ci era già stata accordata una deroga per spendere 19 miliardi in più e il nostro impegno di arrivare ad un deficit dell'1,7% nel 2017 è ampiamente saltato, a prescindere dall'effetto-sisma.

Quindi ho dovuto rivalutare Juncker anche se poi, dopo avere pronunciato il classico «Me ne frego», ha fatto marcia indietro. E l'aspetto grottesco è che, di pari passo con un calo dell'antipatia di Juncker, è cresciuta, di pari passo, quella di Renzi fino a ieri sempre pronto a fare il «piacione», magari con qualche battuta da toscanaccio. È stato lo stesso premier ad auto-dichiararsi «cattivo» in tv da Minoli: cattivo con l'Europa che ci snobba, cattivo con Bersani, D'Alema e la minoranza Pd che lo boicottano, cattivo con chi voterà No al prossimo referendum costituzionale.

Una mossa piuttosto azzardata: non è un caso che un suo fedelissimo, Oscar Farinetti, negli stessi giorni abbia rampognato i leopoldini facendo loro notare come il partito democratico stia diventando sempre più antipatico agli italiani. Intendiamoci, anche l'ambasciatore dell'italian food, spesso e volentieri, non parla in punta di forchetta e sembra un po' indigesto, ma, a Firenze, ha visto giusto e, guastando un po' la festa, ha lanciato il segnale d'allarme al momento opportuno. Dopo il suo j'accuse, mi è capitato di viaggiare in treno, da Bologna a Milano, nello stesso vagone in cui sedeva mister Eataly. L'ho osservato a lungo: sembrava scuro in volto, molto pensieroso. Al momento dell'arrivo alla Stazione Centrale, ha congedato sbrigativamente un giornalista che gli chiedeva un appuntamento per un'intervista e si è allontano a passo veloce. Sembrava quasi che qualcuno gli avesse fatto una ramanzina per le sue esternazioni ma, alla Leopolda, Farinetti si è limitato a sottolineare ciò che molti pensano senza avere, poi, il coraggio di dire.

Il filosofo e scrittore danese Soren Kierkegaard parlava di un Paese senza punti di riferimento, come sembra oggi il nostro: «La nave è ormai in preda al cuoco di bordo e ciò che trasmette al microfono del comandante non è più la rotta, ma ciò che mangiamo domani.

Senza più valori, perdiamo di vista i veri obiettivi e finiamo per affidare la rotta della nave al cuoco anziché al comandante che è il solo in grado di indicarci le linee-guida». Oggi Renzi è più cuoco o comandante?

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