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Il premier già sbugiardato sul Ponte Le imprese: nessuno ci ha chiamato

Il governo "è pronto" ma i costruttori non sanno nulla. Il ministro Delrio vaneggia: "Non è una str... alla Berlusconi"

Il premier già sbugiardato sul Ponte  Le imprese: nessuno ci ha chiamato

«Noi siamo pronti», aveva detto il premier Matteo Renzi lo scorso 28 settembre, durante le celebrazioni per i 110 anni della Salini Impregilo, l'impresa di costruzioni coinvolta nell'iter che avrebbe dovuto portare alla realizzazione del ponte sullo stretto di Messina. Peccato che si tratti di chiacchiere al vento. E non solo perché il presidente del Consiglio ha tenuto all'oscuro della sua decisione di riesumare il collegamento tra la Calabria e la Sicilia persino il suo ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio, ma perché, di fatto, le imprese coinvolte nel maxi progetto, di questa storia non ne sanno nulla, visto che non sono state contattate né da lui, né da suoi rappresentanti.

L'opera che avrebbe cambiato il volto dell'Italia, tanto amata e promossa da Silvio Berlusconi, ma bloccata dal successore Mario Monti, insomma, potrebbe rimanere un'utopia. D'altronde ne sono convinti i numerosi politici che in questi giorni non fanno altro che attribuire l'uscita di Renzi a un'esaltazione da campagna elettorale referendaria.

La linea del silenzio è quella scelta sia dal general contractor Eurolink, di cui fanno parte l'italiana Impregilo, la spagnola Sacyr, la giapponese Ishikawajima e altre realtà nazionali, che dalla Parsons Transportation Inc, multinazionale americana che è project management consultant del progetto. Su questo fronte tutto tace. Al momento non escono indiscrezioni riguardo a una possibile riesumazione del piano, ma fonti vicine ai vari soggetti coinvolti fanno sapere che quelle del premier non sono che «manie di grandezza in vista del referendum» e che «nessuno ha contattato le imprese per soluzioni diverse, almeno negli ultimi mesi».

Il fatto è che ancora sussistono contenziosi aperti tra le società di progettazione e costruttrici, la presidenza del Consiglio, il ministero dell'Economia e quello dei Trasporti. I conti: 312 milioni e 356mila euro circa è il costo totale per la realizzazione del ponte secondo Vincenzo Fortunato, commissario liquidatore della società Stretto di Messina, di cui Anas possiede l'81,84% assieme a Rfi (Rete ferroviaria italiana) per il 13%, Regione Sicilia e Regione Calabria per la restante parte. Fu il governo Monti a bloccare il progetto, procurando il fallimento della società Stretto di Messina, che è in regime di liquidazione da ormai tre anni. E sul progetto iniziale spara a zero il ministro Graziano Delrio, ospite di «Classe dem»: «Il Ponte, preso isolato, come presentato da Berlusconi, è un'enorme str..., perché dietro c'è la cultura che dice che crea lavoro il cemento. Ma che c... dice? Crea lavoro il talento, non il cemento», mentre col governo renziano «il Ponte è un pezzo di un progetto, di un corridoio ferroviario, e possiamo ridurre i costi». Parole che Forza Italia definisce «miserevoli».

Il general contractor Eurolink e Parsons, per il danno subito, hanno scelto di rifarsi con la Stretto di Messina e con il governo, chiedendo un indennizzo rispettivamente di 700 milioni e 90 milioni di euro, quando il governo aveva cercato di dare un «contentino» di appena 8,5 milioni di euro e 1,9 milioni di euro (ovviamente rifiutato), ovvero il dieci per cento «delle prestazioni effettuate». La Stretto di Messina, però, chiede ai giudici di poter essere sollevata dall'obbligo di risarcire gli altri soggetti, rifacendosi con i due ministeri.

La battaglia dovrebbe avere un suo termine a marzo, quando si andrà a sentenza. A meno che Renzi non decida di farsi vivo con i soggetti in questione e iniziare a parlare di cose concrete, riesumando un progetto che porterebbe all'Italia 100mila posti di lavoro e la possibilità di collegare definitivamente l'isola siciliana alla terraferma.

Fermo restando che, prima, ci sono contenziosi pregressi da risolvere.

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