Politica

Il premier trivella i rivali Pd "Uno spreco da 300 milioni"

Renzi regola subito i conti con Emiliano e i frondisti che hanno promosso la consultazione per metterlo in difficoltà. I fedelissimi gongolano a urne aperte per il flop del referendum

Il premier trivella i rivali Pd "Uno spreco da 300 milioni"

Dopo le 23, quando è chiaro che il quorum è rimasto al palo, lontanissimo dall'obiettivo, Matteo Renzi tira le somme della battaglia campale persa - stavolta - dal fronte composito dei suoi avversari.

Una battaglia che è stata tutta politica, trivelle o non trivelle, e il premier lo sottolinea, puntando però il mirino in particolare verso i suoi avversari interni, il pugliese Emiliano e la minoranza Pd in testa: «Gli sconfitti non sono i cittadini che sono andati a votare: chi vota non perde mai», dice per mettere uno stop alle polemiche sull'astensionismo. «Sono quei pochi, pochissimi consiglieri regionali e qualche presidente di Regione che ha voluto cavalcare un referendum per esigenze personali politiche». Un referendum che ha comportato «lo spreco di 300 milioni di euro» quando «la prima cosa che viene chiesta alle Regioni è di abbattere le code per la sanità».

Poi affonda: «I grandi esperti hanno teorizzato spallate, hanno ipotizzato crolli. Una parte della classe dirigente di questo Paese si dimostra autoreferenziale». Poi lancia un appello: «Basta polemiche fino al 2018», dice, invitando tutti a mettere da parte le contese e «la vecchia politica: c'è molto da fare in questo Paese. L'Italia torni ad essere punto di riferimento»

Quando rientra a Palazzo Chigi dalla Toscana, nel pomeriggio, ha già la certezza che «la prova generale della Santa Alleanza contro di me è fallita». Con i suoi, che compulsano agitati i dati sull'affluenza e i raffronti con le consultazioni precedenti, si mostra fin dall'inizio tranquillo, ma a sera ammette: «È andata anche questa, ma abbiamo rischiato molto: abbiamo rischiato che il voto sulle trivelle si tramutasse nel bis del referendum sull'acqua». Dopo la sua secca presa di posizione sull'astensione il quesito sulle trivelle si era trasformato in una gigantesca chiamata alle armi contro il premier. In un clima avvelenato dalle colate giudiziarie di intercettazioni: «Speravano di avermi preparato il piattino, e che con l'inchiesta di Potenza il quorum ci sarebbe stato e mi avrebbero dato un colpo, prima di quello decisivo al referendum costituzionale. Peccato per loro, non è andata così. E non andrà così neppure ad ottobre». Anzi, il premier azzarda una previsione: «In quel referendum il 50% di votanti ci sarà. E vinceremo col 60%», scommette con i suoi.

In casa Pd, la tensione è cresciuta col passare delle ore. I renziani erano irritati col Viminale di Alfano, che centellinava i dati sull'affluenza. Tanto che, nel tardo pomeriggio, il vicesegretario Pd Lorenzo Guerini rompe il silenzio per spiegare: «I dati che ci giungono dalla rete del Pd» sono buoni.

Intanto si scatenava la rissa tra minoranza Pd (schierata per il sì) e il renziano Ernesto Carbone, reo di aver twittato un sarcastico «ciaone» rivolto ai promotori del referendum: «Un atteggiamento irresponsabile, che rischia di trasformarsi in un boomerang per lo stesso Partito democratico, alla vigilia delle Amministrative».

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