Politica

Prendi la pensione e scappa all'estero Truffa degli immigrati

A Bari falsi residenti stranieri incassavano l'assegno ma poi tornavano nel loro Paese

Bepi Castellaneta

Bari Giusto il tempo di sbarcare in Italia, farsi riconoscere la residenza e presentare una semplice domandina scritta; poi il viaggio di ritorno, incassando però la pensione sociale puntualmente assegnata dall'Inps. Denaro che veniva utilizzato per condurre una vita più agiata in patria e anche per concedersi piacevoli periodi di vacanza all'estero. In questo modo 174 migranti, in gran parte albanesi, per diversi anni hanno truffato l'ente previdenziale assicurandosi un'indennità mensile inattaccabile e al riparo dai venti di crisi. Il tutto arrecando alle casse pubbliche un danno da 5,6 milioni di euro.

È quanto scoperto in Puglia dalla Guardia di finanza, che ha fatto scattare decine di denunce nell'ambito di un'inchiesta coordinata dalle Procure di Bari e Trani. Un fascicolo non a caso denominato «Eldorado». E a quanto pare mai nome fu più azzeccato. Perché per i furbetti del sussidio l'ente previdenziale era un'autentica miniera d'oro, un pozzo senza fondo a cui accedere attraverso un copione pianificato nei dettagli. La notizia dell'inchiesta, considerate per giunta le condizioni dei pensionati italiani, ha provocato un terremoto. Tanto più che viene fuori nel giorno in cui il presidente dell'Inps Tito Boeri, presentando alla Camera la relazione annuale dell'istituto, decide di soffermarsi sull'apporto fornito dagli immigrati: «In Italia versano ogni anno 8 miliardi di contributi sociali e ne ricevono 3 in termini di pensioni e altre prestazioni sociali, con un saldo netto di circa 5 miliardi. In molti casi i contributi previdenziali non si traducono poi in pensioni».

Dalle indagini in Puglia emerge uno scenario decisamente diverso. Per gli stranieri over 65 riusciti ad approdare sul territorio italiano bastava raggiungere l'ufficio più vicino e consegnare una domanda per accaparrarsi un comodo sussidio sociale. Che in effetti arrivava puntuale: veniva incassato dai familiari con una semplice delega oppure accreditato direttamente su conto corrente. E così per i beneficiari, una volta riposto nel cassetto il sogno tricolore, si realizzava il miraggio di una bella somma elargita grazie a un sistema basato su una valanga di false dichiarazioni. In media l'assegno era di 450 euro al mese, soldi che consentivano ai migranti di imprimere una svolta al proprio tenore di vita nei Paesi d'origine. La cosa è andata avanti per parecchio tempo, in alcune circostanze fino a quattro anni scanditi da domande, prelievi e accrediti: gli sportelli dell'Inps si sono trasformati in una specie di grande bancomat per beneficiari fantasma. Tra loro anche rifugiati politici e persone già segnalate in Questura per la revoca del permesso di soggiorno: in ogni caso tutti hanno ritenuto più conveniente rientrare, continuando però a incassare. Ma non è tutto. A volte gli assegni erano destinati a defunti, ma venivano comunque prelevati dai parenti.

Poco meno di un anno fa sono scattate le indagini. Gli investigatori si sono messi a spulciare i documenti, hanno incrociato nomi e numeri e hanno portato alla luce il raggiro con cui veniva saccheggiata la previdenza italiana. La truffa era concentrata soprattutto a Bari, Barletta, Andria e Trani, le città con il maggior numero di richieste di residenza. Ma il fenomeno era molto più esteso: sono 48 i comuni dove sono state rilevate irregolarità, venute fuori grazie alla collaborazione con l'Inps. Che adesso risparmierà ogni anno 1 milione e 700mila euro.

«Così si riafferma l'equità sociale» dice il direttore dell'ufficio provinciale di Bari Francesco Miscioscia.

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