Cronache

Il prete: "Preghiamo per il papà killer"

Per il sacerdote la famiglia lo ha già perdonato. Ma i fedeli in chiesa lo contestano

Il prete: "Preghiamo per il papà killer"

Quello che si è celebrato ieri a Latina non è stato un funerale. Ma un «matrimonio». Che ha unito in sposi il dolore e la misericordia. Lui - il dolore - era celato negli occhi e nei cuori della folla che gremivano la chiesa; lei - la misericordia - si nascondeva nei gesti e nelle parole del sacerdote. Ai piedi dell'altare le bare di due innocenti, due sorelle, uccise dal padre. Padre: cinque lettere che possono essere (e grazie a Dio, lo sono quasi sempre) tabernacolo di amore, ma anche scrigno di odio. Nel caso del carabiniere Luigi Capasso che, prima di uccidersi, ha ammazzato le sue figlie Alessia e Martina, 8 e 14 anni, e fatto fuoco contro la moglie Antonietta, quest'odio ha assunto connotati disumani. Sembrava una crisi coniugale come tante. È diventata una strage. Commessa da chi forse poteva essere fermato prima. I dispensatori di certezze tanto al chilo, assicurano che i «segnali c'erano tutti», che «le denunce di Antonietta parlavano chiaro». Ma come si fa, oggi, a gettare la croce addosso a qualcuno? Come si fa a prevedere che un padre possa volere la morte di moglie e figlie? Forse per questo don Livio Fabiani che ha celebrato la messa di addio alle «sorelline di Cisterna di Latina» ha detto dall'altare: «Preghiamo per Alessia e Martina, ma anche per il loro papà». Quello steso papà che si è avvicinato a loro mentre dormivano (almeno così speriamo da profondo del cuore) e ha premuto il grilletto due volte, trasformando in angeli due bambine che angeli lo erano già. Quando il religioso ha pronunciato quella frase, dai fedeli si è alzato un brusio di dissenso. Come si può accomunare nella preghiera vittime e carnefice? In questo caso si può, anzi si deve. Perché Alessia e Martina sono già in paradiso e i prediletti dal Signore non hanno più bisogno delle preghiere terrene. Chi ne ha invece bisogno sono i dannati all'inferno, come Luigi Capasso. Nella sua infinita bontà, la famiglia di Alessia e Martina sembra averlo già compreso. E questo è un miracolo, perché comprendere quando la ferita è ancora così aperta ha un che di grazia divina. Lo capisce anche don Livio, il quale, quasi a volersi giustificare, spiega ai fedeli scettici: «Scusate, ma la famiglia ha perdonato...». Usa proprio questo verbo - perdonare - che, come la nitroglicerina, andrebbe adoperato con cura per evitare che esploda nell'anima. Ai funerali hanno partecipato in 15 mila persone. Una commozione che ha preso la forma di uno striscione con la foto delle sorelle e la frase di una canzone di Eros Ramazzotti: «Solo che non doveva andare così, solo che ora siamo tutti un po' più soli qui». Tanti i bambini, con in prima fila i compagni di scuola di Alessia e Martina: sulle loro magliette i nomi delle sorelline e un grande cuore rosso. Ad Antonietta Gargiulo, la mamma delle sorelline assassinate, che ieri non ha potuto assistere al funerale delle figlie perché ancora ricoverata in ospedale in gravissime condizioni in ospedale, gli psicologi hanno descritto i palloncini bianchi e rosa lanciati in cielo dopo le esequie di Alessia e Martina. Antonietta non ha risposto nulla: non riesce ancora a parlare. Ma ha fatto «sì» con l'impercettibile movimento degli occhi.

Un gesto che racchiude l'intera sofferenza del mondo.

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