Politica

Primo Consiglio europeo a 27: è scontro sulla linea da seguire

La Germania spiega che non bisogna fare niente. Ma è caos

Antonio Signorini

Roma Non c'è bisogno di fare niente. Non una riforma dei trattati, né modificare le regole sulle banche. Mentre i mercati finanziari sembrano avere assorbito gli effetti della Brexit, le istituzioni europee si dividono sulla risposta, con Commissione e Consiglio che rivendicano la titolarità della gestione del dossier e l'azionista di maggioranza, la Germania, che tira il freno su tutti i fronti.

Ieri la riunione del Consiglio europeo a 27, la prima senza un premier Britannico, non ha prodotto niente altro che una risposta preliminare al referendum. I capi di stato e di governo dei paesi Ue «non ritengono necessario modificare i Trattati, ma lavorare meglio con gli strumenti disponibili per raggiungere meglio gli obiettivi», ha sintetizzato la cancelliera tedesca Angela Merkel, sostenendo che sarebbe «un errore» aprire ora il dibattito per modificare i trattati che di fatto sono la costituzione dell'Ue.

Timori che il post Brexit vada fuori controllo, confermati dal braccio di ferro tra la commissione di Jean Claude Juncker e il Consiglio europeo per decidere chi condurrà la trattativa con Londra. Il Consiglio che riunisce i singoli stati ed è guidato da Donald Tusk è fortemente influenzato dalla Germania, che ha interesse a non rompere con la Gran Bretagna.

Ufficialmente la posizione è la stessa della Commissione, tanto che ieri la riunione del consiglio è terminata con un appello fotocopia di quello dell'esecutivo Ue. L'uscita del Regno Unito, hanno concordato i 27, deve avvenire «al più presto», una volta notificata l'intenzione di Londra di abbandonare l'Unione europea, e con negoziati che a quel punto seguiranno lo stesso iter valido per tutti i Paesi terzi. Inoltre «non ci sarà alcuna negoziazione finché non avverrà la notifica» di Londra.

Ma le differenze tra le due istituzioni europee ci sono e sono pesanti. Ufficialmente lo scambio avviene su due temi. Il Regno unito - come ha chiarito ieri il dibattito durante le comunicazioni del premier David Cameron - vuole l'accesso al mercato unico europeo, senza sottostare alle regole di Bruxelles. L'Europa chiede in cambio perlomeno la libera circolazione dei cittadini Ue. La partita in gioco è in realtà molto più complessa e riguarda i rapporti commerciali tra i singoli paesi europei con l'Inghilterra. Difficile che la trattativa venga lasciata alla Commissione di Juncker, la cui prima preoccupazione è quella di non creare un precedente che incoraggi altre uscite. Un esempio della determinazione della Commissione: ieri Juncker ha incontrato il primo ministro della Scozia Nicola Sturgeon, che martedì il presidente permanente del Consiglio Tusk si era rifiutato di incontrare. Gli scozzesi si sono espressi in larga parte pro Ue. Un incontro che «non interferisce» sulle vicende interne, ha assicurato il presidente della Commissione. Ma che ha anche un grande valore simbolico (tanto che la Spagna, alle prese con i separatisti catalani ha posto il veto) ed è un monito agli altri Paesi. Il messaggio, estremizzando, sembra: la Commissione farà di tutto per salvare la Ue.

Anche soffiare sui separatismi nazionali.

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