Elezioni Comunali 2017

Il "principino", quel nipote d'arte che ha ricucito l'alleanza Fi-Lega

Parente del sindaco celebre all'epoca dello scudetto dell'Hellas Lui è stato assessore di Tosi. E adesso ha sfondato come civico

Il "principino", quel nipote d'arte che ha ricucito l'alleanza Fi-Lega

Verona - Capelli lunghi, battuta pronta, passione per gli spritz in piazza Erbe. Federico Sboarina ha vinto anche così, incarnando lo spirito dei «veronesi tuti mati», il ballottaggio di Verona alla fine di una campagna elettorale tutta all'attacco, una strategia sorprendente per un candidato che non si è mai cullato sui sondaggi che lo hanno sempre dato in vantaggio sui concorrenti. All'attacco soprattutto di Flavio Tosi, il sindaco uscente, quasi una resa dei conti tra il primo cittadino e un suo ex assessore che gli ha girato le spalle promettendo vendetta.

Sboarina fa l'avvocato civilista, i suoi detrattori lo accusano di passare più tempo a offrire aperitivi che in studio. Ma i voti si raccolgono anche così. Il suo è un cognome famoso in città: un cugino di suo padre Ferruccio, Gabriele Sboarina detto «re Lele», fu sindaco Dc di Verona tra il 1980 e il 1990, gli anni dello scudetto dell'Hellas, e poi europarlamentare. Il tifo per la squadra cittadina è l'unico elemento rimasto in comune tra lui e Tosi. In casa le tre sorelle lo chiamavano il «principino». Maturità scientifica senza grossi problemi (50/60) nonostante un'antipatia per la matematica, laurea in giurisprudenza (voto 102) a Trento presa mentre già faceva qualche lavoretto, studio legale nel cuore della Verona-bene, matrimonio due anni fa con una restauratrice originaria del Bellunese, Sboarina viene da Alleanza nazionale. Nel 2002 è consigliere comunale di minoranza e nel 2007 diventa assessore allo Sport e all'Ambiente nella prima giunta Tosi.

Alla fine di quel quinquennio qualcosa si rompe nel rapporto con il sindaco. Sboarina e altri gli rimproverano una svolta personalistica, o lui o i partiti, e gli contestano una sorta di «cerchio magico» con cui Tosi governa la città. Decidono di appoggiare un altro candidato di centrodestra, l'avvocato Luigi Castelletti, che però non raggiunge nemmeno il 10% mentre Tosi si fa rieleggere ancora una volta al primo turno spaccando gli azzurri. Con alcuni ex di Forza Italia e An fonda un'associazione di centrodestra, Battiti. Un'alternativa alla svolta civica di Tosi, nel frattempo espulso dalla Lega Nord.

È proprio il luogotenente veronese di Matteo Salvini, l'eurodeputato Lorenzo Fontana, a proporre Sboarina come sindaco, rinunciando al proprio candidato, il senatore leghista Paolo Tosato, per rimettere assieme i cocci del centrodestra. Una scelta di mediazione. Forza Italia ci sta, a patto di un'ulteriore scissione interna, e così pure Fratelli d'Italia, i centristi di Idea e altre forze civiche. Il tentativo di ricomposizione è una delle chiavi del successo di Sboarina: molti veronesi hanno premiato il ritorno all'unità dei tre partiti, il che si è ripetuto anche in altre città. In campagna elettorale il «federatore» ha picchiato sui tasti della sicurezza, della vivibilità delle periferie, ma soprattutto contestando i dieci anni di amministrazione Tosi.

Ed è riuscito a chiudere la parabola dell'ex sindaco sceriffo.

Commenti