Cronache

La privacy batte la sicurezza Le toghe rifiutano i controlli

Subito dopo l'attacco al tribunale, vertice urgente con esponenti del governo Consolo propone i tornelli e i badge agli ingressi ma i magistrati dicono no

La privacy batte la sicurezza Le toghe rifiutano i controlli

Milano - Il tribunale sotto choc, Milano e mezza Italia a domandarsi come sia possibile che un pregiudicato abbia potuto entrare armato nel Palazzo e che un'udienza di un processo come tanti altri si sia trasformata in un bagno di sangue. Ma alle due del pomeriggio di giovedì scorso, in una grande stanza dello stesso Palazzo di giustizia milanese, nella riunione d'emergenza convocata tra esponenti del governo e la magistratura milanese, si è toccato con mano quanto sia difficile trovare un accordo anche sulle misure più elementari per evitare il ripetersi di simili tragedie. Perché proprio quando è stata avanzata la proposta più apparentemente elementare, quella di installare un sistema di badge e di tornelli, da parte delle toghe è venuto lo stop immediato: «I badge non li vogliamo».

Tutto accade nel grande studio di Giovanni Canzio, presidente della Corte d'appello milanese. Canzio era stato tra i primi ad accorrere sui luoghi della strage. Era entrato nell'aula della seconda sezione penale, ha visto il corpo ormai esanime dell'avvocato Lorenzo Claris Appiani, aveva visto l'imputato Giorgio Erba, ferito mortalmente ma ancora vivo; poi è sceso al piano inferiore, dove nella stanza 250 era riverso il corpo del giudice Fernando Ciampi. Ed è nello studio di Canzio che si ritrovano i massimi esponenti del governo con i vertici delle toghe. La riunione è affollata, ci sono almeno venti persone. Per il governo, i ministri dell'Interno e della Giustizia, Angelino Alfano e Andrea Orlando; con Orlando c'è anche uno dei suoi collaboratori più importanti, Santi Consolo, il magistrato che il ministro ha voluto alla testa del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria.

Consolo è, per la sua stessa funzione, uno specialista di sicurezza. Non è un burocrate ministeriale, nella sua carriera è stato a lungo nelle procure generali di Palermo e di Catanzaro: due sedi giudiziarie di trincea, dove la protezione degli uffici dei magistrati e delle aule di giustizia è un tema delicato. Ed è lui, giovedì scorso, a lanciare la proposta di introdurre con effetto immediato a Milano un sistema di controllo elettronico degli accessi.

È una proposta che può apparire quasi scontata: anche perché in quel momento è già chiaro (ne parlerà poco dopo il procuratore Edmondo Bruti Liberati in conferenza stampa) che proprio l'errore umano di un addetto al varco su via Manara ha permesso a Giardiello di entrare in tribunale con una calibro 9 e due caricatori. Ma contro l'idea di Consolo si alza immediata l'opposizione dei magistrati. In particolare di quelli della Procura generale, ed è un elemento decisivo perché proprio la Procura generale ha la responsabilità di gestire la security degli uffici giudiziari. Gli appalti (compresi quelli per la vigilanza ai varchi, al centro delle polemiche) vengono gestiti dal Comune, ma i criteri a cui si debbono attenere sono dettati dalla Procura generale.

«I badge non li vogliamo», dicono le toghe. Consolo e anche il ministro faticano a capire. Come si è visto giovedì scorso (e come sa bene chiunque ne conosca la complicata struttura interna) il palazzo di giustizia milanese all'interno è quasi impossibile da tutelare, ma ha un grande vantaggio: ha solo quattro accesso pedonali e tre accessi carrai. Un sistema di varchi elettronici costerebbe forse un quarto di quanto oggi si spende per il servizio di vigilanza e «portierato». Certo, per essere efficace dovrebbero sottostarvi tutti coloro che vi lavorano: cancellieri, avvocati, e anche i magistrati, i cui accessi verrebbero registrati elettronicamente: e i rappresentanti del governo hanno avuto l'impressione che i badge vengano considerati dai giudici una minaccia per la loro privacy.

Ogni giorno a Palazzo di giustizia di Milano entrano oltre 5mila persone. Ma si arriva a picchi doppi

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