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Processi infiniti, è scontro I supermagistrati dicono no

Dall'Anm a Magistratura democratica fino a Cantone coro di critici: «Principio di non colpevolezza a rischio»

Processi infiniti, è scontro I supermagistrati dicono no

Parole dure, nette: «Cancellare la prescrizione dopo il primo grado di giudizio significa fare a pezzi il principio di non colpevolezza». A parlare così non è un teorico iper-garantista, e nemmeno un avvocato azzeccagarbugli, ma Riccardo De Vito, un magistrato, anzi il presidente di Magistratura democratica, la corrente di sinistra delle toghe. E poi: «Non si può partire dalla coda se non si riforma il corpo intero del processo». Chi è questo, il rappresentante di qualche camera penale? No, è Francesco Minisci, presidente dell'Anm. E ancora: «Io starei molto attento, non si possono tenere aperti i processi oltre tempi ragionevoli». Un difensore, stavolta? Macché, è Raffaele Cantone, il gran capo dell'Anac, l'agenzia anticorruzione.

Dunque non sono soltanto i legali a bocciare l'emendamento sostenuto dai Cinque stelle, osteggiato dalla Lega e che sta mettendo a rischio la tenuta del governo. Dubbi, perplessità, se non proprio forti ostilità arrivano pure dagli stessi giudici, preoccupati per una riforma che rischia soltanto di appesantire la macchina e allungare i tempi. «Io penso - dice ad esempio De Vito al Manifesto - che gli interventi sulla prescrizione debbano marciare di pari passo con quelli sulla ragionevole durata del processo. Altrimenti per garantire l'effettività del procedimento penale si sacrifica l'interesse della persona a non rimanere sotto processo all'infinito».

Anche secondo Minisci «occorre una visione più ampia, di sistema», e non un intervento così. «Se ci si limita a bloccare la prescrizione dopo il primo grado - commenta con La Stampa - sarà inevitabile l'effetto che tanti paventano e che non può star bene nemmeno a noi magistrati: allungamento a dismisura dei tempi e più processi arretrati nelle corti d'appello». Che cosa si potrebbe fare? «Rivedere il sistema delle notifiche, che nel terzi millennio ancora devono camminare fisicamente con le gambe di un ufficiale giudiziario».

Cantone invece riconosce al ministro Bonafede «di aver posto un tema importante, perché i processi che finiscono in prescrizione sono troppi». Peccato che la strada scelta sia completamente sbagliata. «La soluzione non mi convince - sostiene il presidente dell'Anac - , è inutile se non addirittura ipocrita, perché scarica un ulteriore peso sulla magistratura».

Così a favore della riforma sembra solo Piercamillo Davigo, membro togato del Csm vicino a M5s e leader di Autonomia e Indipendenza, la corrente più forte della magistratura. «Un sistema di prescrizione così lo abbiamo solo noi e la Grecia. Dobbiamo farci delle domande, se non siamo ridicoli, se essendo un'anomalia al mondo, forse siamo noi che sbagliamo». E ancora: «Quando in Italia hanno introdotto il nuovo codice di procedura penale, ci hanno raccontato che avremmo avuto il processo all'americana. Ebbene, negli Stati Uniti la prescrizione si blocca con l'inizio del processo. I processi da noi durano tanto perché ce ne sono troppi. E una causa è che ci sono troppi appelli e ricorsi in Cassazione, fatti in attesa che arrivi la prescrizione».

Ma il resto del corpo giudiziario stavolta non sembra seguirlo. Non sarà il Guardasigilli Bonafede si è fidato troppo di Davigo e non ha tastato il polso alla base?

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