Politica

La procura di Milano spara su Cantone «Anac lenta, rende inutili le nostre indagini»

Le critiche del capo Greco: carte trasmesse quando i presunti colpevoli sono già stati allertati. Poi il tentativo di dietrofront: «I rapporti restano ottimi»

Luca Fazzo

Milano Volano gli stracci tra due toghe che dovrebbero essere in prima fila nella lotta alle tangenti: da una parte Francesco Greco procuratore della Repubblica a Milano; dall'altra Raffaele Cantone, il pm napoletano che da quattro anni sta al vertice dell'Anac, l'authority contro la Corruzione. Il buon senso vorrebbe che le due istituzioni viaggiassero d'amore e d'accordo, facendo ognuna la sua parte per dare la caccia a corrotti e corruttori. Invece i rapporti, che non sono mai stati facili, da tempo sono ulteriormente peggiorati, e sottovoce Procura e Anac si brontolavano contro. Ma ieri Greco si toglie pubblicamente i sassi dalle scarpe, e lo fa nell'occasione più visibile: la presentazione del Bilancio 2017 della giustizia milanese, l'occasione in cui tutti gli uffici giudiziari del capoluogo lombardo presentano i risultati del loro lavoro: indagini aperte e chiuse, processi fatti, sentenze emesse.

Ed è nel capitolo dedicato alle indagini contro le mazzette che Greco va giù pesante: «L'Anac ha trasmesso numerosi illeciti da cui si potevano desumere fatti di corruzione. Tuttavia il ritardo con cui le notizie sono state trasmesse e soprattutto le modalità di acquisizione degli elementi (acquisizione di documentazione presso gli enti coinvolti) hanno determinato una discovery anticipata, sostanzialmente rendendo inutili ulteriori indagini nei confronti di soggetti già allertati». Tradotto in soldoni: ci mandate le carte quando è ormai troppo tardi, e avete già rovinato tutto mettendo sull'allerta i colpevoli.

Non è una accusa di poco conto, e infatti dall'Anac arriva di lì poco una risposta che gronda arrabbiatura: si parla di «fastidio, meraviglia e stupore per accuse generiche e non dettagliate». È evidente che un simile scambio segna un punto di non ritorno nei rapporti tra la Procura milanese e l'Anac; e che rischia di indebolire la posizione di quest'ultima, già messa sotto tiro di recente dal nuovo presidente del Consiglio, Giuseppe Conte («Non abbiamo dall'Anac i risultati che ci aspettavamo, forse abbiamo investito troppo»). Un gancio seguito da un uppercut. E poco cambia il tentativo di dietrofront in serata di Greco: «Abbiamo solo indicato  un problema tecnico sulla necessità di poter utilizzare quello  che loro ci mandano in maniera più tempestiva. Ma il lavoro di Cantone è encomiabile e i rapporti sono ottimi». Negli ambienti della Procura milanese non vengono forniti dettagli sulle inchieste che sarebbero state rovinate dall'Anac. Ma è noto che a guastare i rapporti sono state in particolare indagini che andavano a scavare su fronti delicati, perché rischiavano di coinvolgere magistrati importanti: e che sono finite in nulla. La prima è l'inchiesta sull'utilizzo dei fondi Expo per la giustizia milanese, spesi in violazione di tutte le regole sugli appalti con il placet dei vertici del palazzo di giustizia: l'Anac acquisì una serie di documenti presso il Comune di Milano, poi stese una relazione contestando una quantità di violazioni. Sarebbe dovuta partire una inchiesta penale: la relazione Anac è stata inviata alle Procure di Milano, Brescia e Venezia. Ma alla fine Trento - casualmente diretta da un ex pm del capoluogo lombardo - ha insabbiato tutto. Per non parlare dello stupore dell'Anac per il modo in cui, dopo essere stata rimpallata tra le Procure di Milano e Brescia, è finita sotto la sabbia l'indagine su come i giudici milanesi gestivano il business delle aste fallimentari.

Indago io, indaghi tu? Alla fine non indaga nessuno.

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