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«Pronti a chiudere il Brennero» Vienna va al muro contro muro

L'Austria annuncia ulteriori restrizioni: «Chiederemo di fare controlli anche in Italia» Gentiloni: «Un brutto segnale per l'Europa». Nuova barriera anche con l'Ungheria

N essuno si fida più di nessuno, nell'Europa dei muri. L'Austria non si fida dell'Italia perché «lascia passare» i migranti verso nord, né della Germania, perché li «respinge», condannando il Tirolo a diventare la «sala d'attesa» del Vecchio Continente.

Così mentre sul Brennero le ruspe sono al lavoro per ripristinare entro maggio l'antica frontiera che relegherà l'Italia all'isolamento, Vienna prosegue la sua fuga in avanti per proteggersi dal «flusso incontrollato» di profughi atteso nei mesi estivi. E fa sapere di essere pronta a misure ancora più drastiche. Una barriera anche a est, al confine con l'Ungheria, nel Burgenland. Ma non solo. In caso di «situazioni estreme», come quelle prefigurate sulla rotta centrale del Mediterraneo, non esiterà a chiudere «completamente» il valico del Brennero. Lo ha detto il ministro della Difesa austriaco Hans-Peter Doskozil (Spoe), parlando nel corso di una riunione con il suo partito, lo stesso del cancelliere Werner Faymann. Assicurando anche che se Roma, già alle prese con un aumento del 55 per cento degli sbarchi e il reperimento di 15mila posti per l'accoglienza, non saprà gestire le criticità, «chiederemo alle autorità di poter fare controlli in territorio italiano».

Un avvertimento che sembra rispondere a chi in queste ore si domanda se il blocco del Brennero sia solo il frutto di una psicosi mista a una buona dose di propaganda elettorale alla vigilia delle elezioni presidenziali, o se sia un'azione concreta. In questo caso, ha replicato il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, si tratterebbe di «un atto gravissimo, un brutto segnale per l'Europa. Aspettiamo di capire le reali intenzioni». Certo che i vicini d'oltralpe «avranno modo di chiarire le loro posizioni» dopo le urne, è invece il vice ministro dell'Interno Filippo Bubbico.

Ma oltre all'indignazione e alle missive inviate alla Commissione Ue con la richiesta di valutare se sia in corso una violazione del trattato di Schengen, non c'è spazio per mediazioni. L'Austria ha già chiarito che non permetterà che il Tirolo si trasformi in un collo di bottiglia per chi è diretto nel Nord Europa. I migranti che sbarcheranno in Sicilia resteranno affare italiano, così come l'onere dell'accoglienza e dell'identificazione, come vuole il regolamento di Dublino. Il cui processo di revisione si è congelato. Sembrano lontanissimi i giorni della solidarietà europea di fronte alle tragedie del mare, dell'accordo di redistribuzione delle quote di migranti e della politica a porte aperte della Germania. Sembra lontana anche solo la scorsa settimana, quando Italia e Austria si promettevano cooperazione in un vertice a Roma tra il ministro Alfano e la collega Johanna Mikl-Leitner.

Lungo la A22 gli addetti lavorano per allestire la barriera di 250 metri - costo 1,1 milioni di euro ha riferito la ministra in Parlamento - che convoglierà il traffico su tre corsie a 30 km l'ora per consentire i controlli sui tir e sui veicoli. I presidi saranno estesi alla ferrovia e ai sentieri di montagna attraverso cui i profughi evitano la polizia.

Uno scenario che rischia di replicarsi sulla linea di confine friulana che corre tra Tarvisio e Arnoldstein, dove una delegazione di Vienna ha già effettuato un sopralluogo per individuare un centro di identificazione e un posto di blocco su statale e autostrada. Misure unilaterali che infiammano la polemica interna: «Se l'Austria può costruire una barriera al Brennero vuol dire che Schengen è morto: l'accordo è tenuto in vita artificialmente. Non c'è nessun governo che ponga la questione. Manca la politica» attacca il presidente della Lombardia, Roberto Maroni.

Deborah Bergamini, Fi, chiede che il governo riferisca in Parlamento: «Stiamo diventando prigionieri in casa nostra».

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