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La protesta dei poliziotti antiterrorismo: "Pochi, senza formazione e mal equipaggiati"

La denuncia di Gianni Tonelli (Sap): "Le unità di primo intervento non sono pronte per affrontare l'emergenza"

La protesta dei poliziotti antiterrorismo: "Pochi, senza formazione e mal equipaggiati"

Sono quelli della «prima linea» nel caso di un attacco. Quelli della procedura «attentato in corso», dell'intervento in «scenari a elevata criticità». Quelli che devono fronteggiare l'emergenza prima dell'arrivo delle teste di cuoio, e che potrebbero incrociare lo sguardo dei terroristi, i colpi dei loro kalashnikov o i loro tir impazziti. Non sono i componenti di forze speciali, ma uomini e agenti «normali», poliziotti prestati dal servizio anticrimine alla missione di proteggerci dal pericolo onnipresente del fondamentalismo islamico. È passato oltre un anno e mezzo da quando l'allora ministro dell'Interno Angelino Alfano ha istituito le unità operative antiterrorismo per elevare la sicurezza dopo la strage di Charlie Hebdo. Ma all'indomani dell'ultima ferita all'Europa nel cuore di Berlino e dell'ennesimo innalzamento dell'allerta in Italia, il contrasto tra il compito assegnato alle Uopi (Unità operative di primo intervento) e i loro mezzi desta preoccupazione.

Sono 190 le unità nelle città italiane considerate a rischio elevato di attentati (oltre a Roma, Milano, Firenze, Napoli, Bari Torino, Padova, Venezia, Trieste, Ferrara, Lecce Cuneo) e non si stanca Gianni Tonelli, segretario del Sap, di ricordare che questi agenti selezionati dalle questure italiane su base volontaria e generiche attitudini psicofisiche, hanno ricevuto un unico addestramento semplice. Prima di essere attivate, i membri delle nuove unità hanno svolto un corso di tre settimane al centro di addestramento di Nettuno sull'uso di una nuova arma a canne lunghe data loro in dotazione. Per il resto questi nuclei da minimo tre uomini che, equipaggiati con giubbotto antiproiettile e spray al peperoncino, sorvegliano l'indefinita lista di «luoghi sensibili» a bordo di un blindato, «non hanno nemmeno mai sparato su bersagli in movimento», spiega Tonelli. Inoltre, le tecniche apprese dai reparti d'assalto dei Nocs «hanno bisogno di continuo allenamento - continua il segretario - è come una ginnastica. Ma nonostante tutte le nostre richieste non è mai stata fatta nessun'altra iniziativa di aggiornamento».

A dire il vero il sindacato aveva chiesto la preparazione dei Nocs o dei Gis per tutti gli agenti che operano sulle strade, perché il livello di rischio «non solo è aumentato, è cambiato. I poliziotti ora sono bersaglio diretto di kamikaze, non si può pensare di affrontare questa nuova minaccia con l'impostazione del passato. L'incolumità loro e dei cittadini va tutelata con formazione». Servono poi «nozioni chimiche e nucleari. Con 6 milioni si sarebbe potuto garantire a tutto il corpo una preparazione adeguata». Invece, non un aggiornamento da quando sono entrati in funzione. Tanto che Tonelli racconta di aver raccolto più di qualche scoramento tra gli agenti volontari delle unità, «da Fiumicino a Palermo: si aspettavano qualcosa di diverso. Basti pensare che esiste una sola pattuglia per Milano. Qualcuno aveva anche chiesto di tornare al servizio precedente». Richieste poi rientrate.

Ma resta il dubbio che il prezzo della prima linea, forse, sia troppo alto.

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