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Proteste contro i rom, i pm presentano il conto: 65 indagati di Casapound

Contestati incendio, rapina, danneggiamenti e odio razziale. Coinvolta anche Forza Nuova

Proteste contro i rom, i pm presentano il conto: 65 indagati di Casapound

Roma Hanno incendiato cassonetti, l'auto di una coop, il camper di una rom. Poi hanno gettato a terra e calpestato panini e urlato frasi agghiaccianti. Come: «Ti stupro», «Vi bruciamo vivi», «Zingari di merda». Ma anche «Fascisti tutti appesi a testa in giù». La «primavera di fuoco» delle periferie romane arriva alla resa dei conti. Per gli scontri violenti di Torre Maura e Casalbruciato salgono a 65 le persone indagate dalla Procura di Roma. Quarantuno, fra appartenenti a Casapound e Forza Nuova, gli iscritti sul registro degli indagati per i fatti di Torre Maura del 2 aprile, 24 per le contestazioni del 6, 7 e 8 maggio scorsi a Casalbruciato. Non è finita: altri 16 indagati, questa volta fra antagonisti e appartenenti ai comitati di lotta per la casa, per il corteo non autorizzato che ha sfilato l'8 maggio davanti all'abitazione assegnata alla famiglia Omerovic. Fra slogan e pugni chiusi, anche i militanti di sinistra sono finiti nel mirino della Digos e dell'informativa da giorni sul tavolo del procuratore aggiunto Francesco Caporale e del sostituto Eugenio Albamonte.

I reati? Dall'incendio doloso, danneggiamenti, istigazione all'odio razziale e persino rapina. Si, il gesto di protesta contestato da ogni parte, quello di bloccare la cena per gli ospiti del centro di accoglienza di via dei Codirossoni, di calpestare i panini destinati ai 70 rom proveniente dal centro smantellato di Torre Angela, è stato rubricato come rapina. Reato che, aggravato dall'odio razziale, peserà in sede processuale. I fatti? Vale la pena ricordarli. È il pomeriggio del 2 aprile quando alcune famiglie, già in assistenza alloggiativa da parte del Comune, da via Toraldo a Torre Angela vengono trasferite al «Savi» di Torre Maura. Una ex struttura sanitaria che da tre anni ospita dei richiedenti asilo senegalesi. «Con loro nessun problema - dicono gli abitanti - I nostri figli ci giocano a pallone, ci insegnano l'inglese». Ma i rom, quelli, non li vogliono.

Giorni prima a una donna con nove figli, Bruna Halilovic, viene assegnato un appartamento lì vicino, in via dell'Usignolo. La donna parcheggia il camper lontano dalla palazzina per paura di ritorsioni. Ma nella prima notte di scontri il mezzo prende fuoco assieme alla Skoda della coop. Un giorno ancora e il Campidoglio fa dietrofront. Tutti via dal quartiere, accompagnati dai vigili urbani alla fermata della metro. Tant'è.

Una settimana e in via Cipriano Facchinetti, a Casalbruciato, arriva un'altra famiglia rom, secondo il piano ideato dalla Raggi per smantellare il campo de La Barbuta, a Ciampino. Agan Omerovic non fa in tempo a entrare che qualcuno cambia la serratura e prova a occupare abusivamente l'alloggio a lui assegnato. Ai carabinieri l'uomo verbalizza: «Mi hanno detto: Se voi entrate a vivere qua dentro vi ammazziamo (...) non vi vogliamo, vi bruciamo vivi». Le proteste si spostano a Nord, a Casalotti. I primi di maggio in via Sebastiano Satta, sempre a Casalbruciato, arrivano Imer Omerovic, la moglie Senada e 12 figli, tra i due e i 21 anni. Tutti nati in Italia. Scoppia una nuova violentissima protesta. Il primo a essere denunciato è un esponente di Casapound che viene portato in questura. Ma è un certo Daniele, dissociato da Cpi, che urla insulti e minacce («Ti stupro») a una giovane mamma con il bimbo di tre anni in braccio. Anche lui fra i 65 indagati. Nello stesso quartiere ieri una donna di 72 anni, Maria Pia, riceve l'ingiunzione di sfratto. I residenti fanno muro, giurano che nessuno la butterà fuori e fanno colletta per raccogliere i soldi che le servono a pagare l'affitto al Comune.

Provvedimento sospeso.

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