Cronache

La Protezione civile si inceppa e cerca scuse Curcio contro i giornali

Il capo delle operazioni attacca la stampa Ma la macchina stavolta non ha funzionato

La Protezione civile si inceppa e cerca scuse Curcio contro i giornali

Roma - «Chi tocca il sistema sta toccando il Paese». Fabrizio Curcio, capo della Protezione Civile, replica alle polemiche per i ritardi nei soccorsi, e lo fa attaccando. Se la prende con chi ha sollevato domande sulla tempistica degli interventi, dai paesi isolati da 36 ore all'hotel Rigopiano di Farindola, travolto da una slavina nel pomeriggio di mercoledì e raggiunto dai primissimi soccorritori solo poche ore prima dell'alba del giorno dopo.

Nel mirino del numero uno della Protezione civile, quindi, ci finiscono i giornali - tra cui il nostro - per titoli poco lusinghieri con la macchina dell'emergenza. Eppure non può essere un problema domandarsi se i soccorsi siano stati tempestivi o chiedersi se, essendo noto l'allarme meteo, non sarebbe stato possibile dislocare prima e meglio i mezzi per liberare strade e riparare danni. Il problema, semmai, sono i cittadini rimasti bloccati e senza luce, o le quasi 12 ore che sono servite ai primi soccorritori per arrivare, sci ai piedi, all'albergo spazzato via dalla neve. Non certo per colpa loro. Sono «uomini valorosi», come dice Curcio, su questo non c'è dubbio: avanzavano nella bufera già nella tarda serata di mercoledì, mentre Curcio era in collegamento in diretta tv con Porta a Porta. I dubbi, semmai, riguardano altro. Per esempio, restando all'hotel, la concreta possibilità che qualche cosa non abbia funzionato a dovere nella catena di comunicazioni. Se l'allarme è partito dai superstiti verso le 17.30, come mai c'è voluto tanto per far scattare i soccorsi? L'uomo che ha tentato di avvertire le autorità sostiene di essere stato a lungo non creduto dai suoi interlocutori, fino a quando, intorno alle 20, qualcuno ha finalmente raccolto l'allarme. Chiedersi se c'è stato un buco nelle comunicazioni, e domandarsi se senza quel buco si sarebbero potute salvare delle vite, non vuol dire «toccare il Paese», ma porre questioni legittime, anzi, doverose. Al Rigopiano gli ospiti aspettavano già dalla tarda mattinata un mezzo spazzaneve per poter andarsene via, dieci auto erano ferme in attesa che la strada fosse liberata. Ma il rinvio dell'arrivo del mezzo e poi la slavina hanno trasformato l'attesa in una tragedia, e l'inerzia che ha preceduto l'avviamento della macchina dei soccorsi ha fatto sì che la stessa notizia deflagrasse solo in serata.

I titoli dei giornali critici con la Protezione civile, insomma, non riguardavano la vicenda dell'hotel abruzzese. Eppure quando ieri mattina hanno cominciato a filtrare le prime, drammatiche notizie da Farindola, Curcio ha fatto la voce grossa partendo all'attacco di chi chiedeva lumi sull'efficacia dei soccorsi, pur confermando lui stesso, in un certo senso, una situazione di istanze contrastanti che non sembra aver aiutato il buon funzionamento del sistema. «Se qualcuno ancora non l'ha capito - ha ringhiato il successore di Gabrielli al vertice della protezione civile di buon mattino - lo ribadisco: qua ci sono stati due eventi eccezionali, che già da soli avrebbero creato difficoltà di azione. Nella parte meteo si cerca di dire ai cittadini di rimanere nelle proprie abitazioni, se sono sicure. Nella parte sisma, i cittadini vanno fuori dalle proprie abitazioni. Mettere insieme questi due elementi è estremamente complicato e credo che chi non ha compreso questo non fa un buon servizio al Paese».

Curcio se la prende con la somma di due variabili, sisma e neve, prima di prendersela con chi si fa qualche domanda. E dimentica di aggiungere che solo la prima delle due variabili era imprevedibile. Non la neve che, per quanto caduta con impeto eccezionale, era largamente annunciata. Quanto all'insofferenza verso le critiche, Curcio sbaglia, tanto più se la Protezione civile non ha nulla da rimproverarsi. Era lecito mercoledì chiedersi se la protesta dei sindaci dei comuni colpiti da scosse e maltempo che lamentavano carenza di aiuti fosse motivata. È sacrosanto ora - dopo la tragedia dell'hotel, e con decine di persone ancora irreperibili dopo quasi 30 ore - interrogarsi sul funzionamento del sistema, prima ancora che su eventuali responsabilità di qualcuno.

L'unico vero errore, semmai, è dire che chi fa queste domande «attacca il Paese».

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