Referendum indipendenza in Catalogna

Puigdemont, mandato d'arresto: "Mi candido anche dall'estero"

Il leader raggiunto a Bruxelles dal foglio di cattura europeo E Rajoy apre ai politici detenuti: «In corsa per le regionali»

Puigdemont, mandato d'arresto: "Mi candido anche dall'estero"

All'indomani della retata degli otto consiglieri catalani ascoltati, e subito dopo arrestati, su ordine del giudice istruttore Carme Lamela, presidente della Terza sezione di giudizio del Supremo, la Spagna si è svegliata attonita, chiedendosi come si è potuto arrivare alla soluzione estrema del carcere. Ieri è stato ufficialmente inviato alle questure europee il mandato d'arresto internazionale per Puigdemont e i quattro consiglieri in Belgio. Lui da Bruxelles ha ribadito lo stato di «oppressione e persecuzione politica» subito dalla Catalogna e i suoi ministri, confermando che si candiderà alle prossime regionali, «anche dall'estero». Il suo vice Junqueras, attraverso una fonte de LaVanguardia, dalla sua cella ha espresso totale stupore per un'ordinanza così dura. L'imponente numero uno di Erc, braccio destro del fuggiasco president, pensava, in realtà, che la sua condotta meritasse una sospensione momentanea dai pubblici incarichi, in modo da permettergli di preparare una linea di difesa. Nell'interrogatorio di giovedì, solo Santi Vila, ex consigliere di Impresa e Ricerca, ha risposto alle domande del giudice, mentre gli altri otto sono rimasti in silenzio.

Ieri Vila, ha lasciato il carcere di Estremera, dopo una sola notte di detenzione. A lui, unico membro della Generalitat deposta dall'art.155, il giudice Lamela ha concesso la libertà vigilata. Vila, politico del PDeCat, lo schieramento di centro-destra dello stesso Puigdemont, da cui l'ex consigliere ha rinnegato l'appartenenza politica, si era dimesso il giorno prima della dichiarazione della Repubblica di Catalogna. All'uscita dal carcere, braccato da telecamere e microfoni, pur ribadendo lo strappo con l'ex president, definito «un traditore» e «un irresponsabile», ha lanciato un appello al Gobierno e al Senado denunciando una «situazione terribile» e definendo «estremamente sproporzionata» la decisione del carcere per gli otto ministri. «Un fatto che si scontra contro ogni convinzione di democrazia», ha dichiarato Vila. Nel dispositivo dell'ordinanza, per la gravità dei reati commessi la ribellione, la sedizione e la malversazione di fondi pubblici per organizzare il referendum per l'indipendenza «illegale» del 1° ottobre si citano pene fino a 50 anni. E Lamela, il togato istruttore con 31 anni di carriera, processi ai terroristi dell'Eta, non sembra disposta alla clemenza. Tuttavia i politici detenuti potranno candidarsi alle regionali.

Da giovedì nel carcere di Estremera vi resteranno per due mesi, tempo massimo per istruire il processo, Junqueras assieme ai cinque ex consiglieri, Josep Rull, Jordi Turull, Carles Mundó, Raül Romeva e Joaquim Forn, mentre le ex consigliere di Puigdemont, Meritxell Borràs e Dolors Bassa sono detenute nel penitenziario femminile di Alcalá Meco, vicino Madrid. Ieri, è stata negata la scarcerazione di Jordi Sánchez e Jordi Cuixart, i due leader di Anc e Omníum, arrestati per sedizione.

A Barcellona, intanto, pur crescendo la sensazione tra i secessionisti di essere stati abbandonati da Puigdemont, continuano i picchetti davanti al Palau del governo, al grido di «Libertà per i prigionieri politici».

Mercoledì la Catalogna si fermerà per il secondo sciopero contro la perdita dell'autonomia.

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