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Putin si allunga sull'Europa Senza leader forti, lo Zar vince

Non solo la sintonia con Tsipras, che corteggia da tempo. Da destra a sinistra, dalla Le Pen a Zeman, il presidente russo è la calamita degli anti-europeisti

Putin si allunga sull'Europa Senza leader forti, lo Zar vince

Quello che veniva definito il convitato di pietra della crisi greca, Vladimir Putin, si è materializzato al tavolo del «grande gioco ellenico» con una rapidità nello stesso tempo sorprendente e sospetta. Attraverso un comunicato di poche parole, ha chiesto un «incontro immediato» con il premier greco Tsipras, uscito vincitore da poche ora da un referendum che ognuno ha interpretato a suo modo: i greci come la premessa per riaprire le trattative con l'Eurozona e ottenere condizioni migliori, la maggioranza degli altri europei come una manifestazione della volontà di Atene di andarsene dall'euro se non otterranno almeno parzialmente soddisfazione. Che cosa si proponga Putin con questo intervento a gamba tesa è l'interrogativo del momento, che probabilmente troverà una risposta solo quando Tsipras avrà esaurito il suo tentativo di raggiungere, alla ventitreesima ora, un compromesso con Bruxelles.

Fin dall'inizio della crisi, Zar Vladimir ha cercato, nei limiti che gli consente l'attuale (abbastanza disastroso) stato delle sue finanze, di offrire una sponda a Tsipras nel suo braccio di ferro con la Ue. Ha invitato il premier greco due volte a Mosca nel giro di poche settimane, gli ha offerto di fare passare per il suo Paese un nuovo gasdotto in programmazione, ha fatto appello alle comuni radici ortodosse dei due Paesi e gli ha fatto balenare la possibilità di altri affari. Probabilmente, avrebbe offerto anche di più, se Tsipras si fosse lasciato convincere a mettere il veto alle sanzioni contro la Russia, ma lo stesso Putin sapeva che non se lo poteva permettere: avrebbe significato la rottura definitiva con tutto il mondo occidentale, e di conseguenza la rinuncia a ogni possibilità di aiuti. Nella nuova situazione che è venuta a crearsi, Putin dispone di carte migliori. Pubblicizzando la volontà di appoggiare la Grecia, e in caso di rottura di aprirle le braccia, mette pressione sia a Bruxelles, che ha paura delle «acque inesplorate» evocate da Draghi, sia a Washington, che oltre a un Grexit teme una rottura di Atene con la Nato, di cui rimane una componente essenziale specie dopo che la Turchia si è dimostrata ormai inaffidabile, specie per quanto riguarda i rapporti con il mondo islamico. Ma quello che, sicuramente, interessa di più a Putin in proiezione futura sono la compagnia in cui è venuto a trovarsi in seguito alla campagna di Grecia, e le conseguenti crepe che intravvede nel fronte europeo. Se ci fosse stata ancora la guerra fredda e la Russia fosse stata ancora l'Urss, solo i partiti dichiaratamente di sinistra avrebbero fatto il tifo per un governo greco guidato dai veteromarxisti e l'appoggio russo sarebbe stato fortemente contrastato, un po' come avvenne in Portogallo nel 1974 dopo la rivoluzione dei garofani. Invece, il Cremlino, nonostante la crisi ucraina, si ritrova oggi idealmente al suo fianco anche partiti di destra come Lega e Front National, neopopulisti come Podemos e il Movimento 5stelle, oltre a una galassia di organizzazioni di varie nazionalità (Germania compresa) contrarie a perpetuare le sanzioni contro Mosca fino a una soluzione – che potrebbe essere lontanissima o impossibile sulle basi volute dall'Occidente – della crisi ucraina.

Per Putin, si tratta di una occasione forse inaspettata per indebolire l'Unione Europea e «punirla» per le mire espansive (non solo Ucraina, ma anche Georgia e Moldavia) a lui sgradite. Per quanto imperscrutabile sia spesso la sua politica, è difficile ipotizzare che egli punti su una crisi «esistenziale» dell'Unione europea, che porti magari alla sua dissoluzione. In fondo, non è nel suo interesse. Invece, gli farebbe un gran comodo se, in seguito alle varie elezioni in programma nel prossimo biennio, entrassero nelle coalizioni di governo partiti che, per avversione all'America, al capitalismo, alla burocrazia bruxellese o che altro, dopo essere accorsi in massa ad Atene per sostenere il «no», aprissero un dialogo costruttivo con lui.

Dal canto suo, potrà sempre mettere sul piatto la necessità che la Russia collabori in maniera più coordinata ed efficace alla lotta contro l'Isis e in genere ad affrontare il problema mediorientale (Iran compreso, che si giunga o non si giunga al sospirato accordo per fermare la corsa degli ayatollah alla bomba atomica).

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