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Ma quale questione etica: per l'eterologa mancano fondi

Il sospetto che dietro al rinvio del decreto ci sia soprattutto un problema di risorse. Le Regioni con la sanità al crac non se la possono permettere

Roma L'eterologa costa. E forse il governo Renzi non può permettersi di inserirla nei Livelli Essenziali di Assistenza, garantendo ai cittadini la prestazione a carico del servizio sanitario nazionale. Dopo lo slittamento a sorpresa del decreto attuativo per la procreazione medicalmente assistita tramite donazione di gameti, è lecito sollevare qualche dubbio sul perchè di questo ritardo che mette in difficoltà le Regioni e di fatto lascia l'eterologa in mano per lo più ai centri privati, già partiti nella maggioranza dei casi.

Lo slittamento imposto al provvedimento è davvero dovuto soltanto all'impossibilità di dirimere le questioni etiche? O invece è molto più prosaicamente slittato per una questione di portafogli? Perchè se a pensar male si fa peccato ma ci si azzecca allora si potrebbe pure ipotizzare che dietro l'acceso dibattito sulle delicate questioni morali si celi in realtà un problema molto concreto: ovvero la mancanza di fondi. Una questione che va affrontata per prima perchè se non ci sono i soldi tutto il resto si trasforma in discussioni sterili.

Nel decreto attuativo per l'eterologa, poi bocciato privilegiando la più lenta via parlamentare, il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, aveva previsto una spesa per il 2014 di dieci milioni di euro. Per l'istituzione del Registro Nazionale donatori era previsto uno stanziamento di quasi 700.000 euro per il 2014 e di altri 150.000 per il 2015. Basterebbero questi fondi, sempre che ci siano davvero, a garantire quella parità di diritti nell'accesso alle tecniche di fecondazione assistita così come richiesto dalla Corte Costituzionale? Purtroppo no. O meglio forse potrebbero bastare per le Regioni che non sono in rosso ed hanno i bilanci in pareggio. Ma per quelle che già non riescono neppure a garantire la chemioterapia a tutti in tempi certi?

La Consulta, abrogando il divieto di eterologa, ha scritto nella sentenza una cosa molto chiara: non ci devono essere discriminazioni fra le coppie ricche, che comunque già potevano fare l'eterologa all'estero, e quelle povere che invece non se la possono permettere. E infatti la Lorenzin nel decreto aveva previsto che l'eterologa fosse praticata nei centri pubblici a carico del servizio sanitario nazionale.

Ma la realtà è che alcune Regioni sono in grado di farlo. Altre no. Nessuna, sia chiaro, può fornire la prestazione gratuitamente. La Regione Toscana, che ha deciso di partire per prima dando il via libera con una delibera amministrativa, chiederà un ticket di 500 euro. Non è gratis ma certo è pochissimo se si pensa quanto pagavano per l'eterologa le coppie costrette fino a ieri ad andare all'estero. Da un minimo di 10.000 euro fino anche a 30.000 euro. Si calcola che le coppie che chiederanno l'accesso all'eterologa saranno circa 10.000 all'anno. Evidentemente la Lorenzin aveva calcolato un costo di circa 1.000 euro a coppia che per 10.000 corrisponde a quei 10 milioni di euro che venivano stanziati nel decreto poi bocciato. Oltretutto mille euro è un calcolo assolutamente al ribasso. I costi per coppia sarebbero sicuramente più alti.

Basta vedere quello che è già successo con la Fecondazione assistita omologa, Fivet. Anche le Regioni che erano partite con un ticket basso, poche decine di euro sono poi state costrette ad alzarlo anche oltre i 500 euro. E l'eterologa è sicuramente più costosa. Il governatore della Regione Piemonte, Sergio Chiamparino ha chiaro il problema: «É necessario sciogliere le condizioni di accesso sia economiche sia normative. Il problema è come inserire l'eterologa nei Lea, se non si affronta la questione del servizio sanitario nazionale il rischio è che la facciano soltanto i privati». Chiamparino si chiede che cosa succederà quando coppie di altre regioni si rivolgeranno ai centri pubblici della Toscana. Chi pagherà se non sono state fissate le regole?

E se per inserire l'eterologa si fosse costretti a a togliere altre prestazioni a carico del servizio sanitario nazionale? Sarebbe giusto? Quali prestazioni debbono essere realmente considerate prioritarie per il diritto alla salute dei cittadini?

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