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Quando Grillo sbraitava contro Renzi: "Dittatore, neghi il dibattito sulla Stabilità"

Il comico minacciò il premier: «Il governo non si azzardi a mettere la fiducia»

Quando Grillo sbraitava contro Renzi: "Dittatore, neghi il dibattito sulla Stabilità"

Francesco Cramer

Milano Rinfreschiamo la memoria del guru Beppe, comico dalla titanica faccia di tolla, che in queste ore sul suo blog sermoneggia sulla «solitudine nei giorni di Natale». Grillo prende spunto dal caso del giovane disabile che ha pregato il calore di un'amicizia sul web: l'occasione per frinire su «felicità», «emarginazione», «affetto». La politica? Zero. Eppure il Parlamento s'infiamma per il colpo di mano (quasi) senza precedenti ad opera dei suoi sgherri Di Maio & C. La legge più importante dello Stato scritta, sequestrata, riscritta, imposta alle Camere senza dibattito con il voto di fiducia. Applausi. E da Grillo neppure un «fri fri».

Occorre però ricordare al comico, forse intossicato da panettone e champagne, ciò che lui stesso scriveva esattamente quattro anni fa. 18 dicembre 2014, governo Renzi. Il premier porta in Parlamento la legge di bilancio e, come sempre, dalle opposizioni è diluvio di emendamenti. Tattica parlamentare. Ma i tempi stringono e così il «ducetto» di Rignano blocca l'esame del provvedimento in commissione Finanze del Senato e propone un maxiemendamento che stralcia 20 proposte di modifica inserite in commissione. Apriti cielo: Grillo schiuma di rabbia e dal blog avverte: «Il governo non si azzardi a presentare al Senato il maxiemendamento sulla legge di Stabilità». Non solo. La medaglia d'oro dell'ipocrisia continua: «Non si azzardi a farlo poi passare in fretta e furia con l'ennesimo voto di fiducia e farlo ratificare alla Camera senza dibattito e senza un esame approfondito delle norme». Della serie: il bue che dà del cornuto all'asino. Il paraguru non si ferma mica qui. Testuale: «Non è accettabile che il governo imponga al Parlamento e al Paese una legge di stabilità stravolta con emendamenti localistici e microsettoriali che rispondono a puri interessi personali della maggioranza e che, soprattutto, vanno a modificare i saldi della legge di bilancio».

La faccia di tolla si fa minacciosa: «Il M5s è pronto a dare battaglia pur di impedire questo ennesimo atto di arroganza che priva il Parlamento delle sue legittime prerogative. Abbiamo già avvertito i presidenti di Camera e Senato e i presidenti della commissione Bilancio: se non ci faranno discutere il testo nel merito, li faremo rimanere qui finanche a Natale».

I pentastellati dettano alle agenzie di stampa la nota ufficiale: «Vergogna, non sappiamo ancora cosa conterrà il testo del maxiemendamento su cui il governo porrà la fiducia, costringendo il Parlamento a votare a scatola chiusa un provvedimento che ha effetti concreti sulla vita dei cittadini. Vergogna». E Barbara Lezzi, ora ministro, choccata e inviperita: «Così non si può più andare avanti». Ma è sempre il Grillo furioso a usare le metafore più colorite: «Votare di notte come i ladri con un presidente del Senato senza dignità un testo con parti addirittura mancanti. Ieri notte è andata in onda l'ennesima pagliacciata di una Repubblica in mano a golpisti e tangentari. Roba da dittatura con la vaselina».

La sua rischia di essere più dolorosa ancora: cioè senza.

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